venerdì 9 giugno 2017

Elogio della debolezza: gli Hobbit di Tolkien come metafora dell'uomo comune

"In un buco nella terra viveva un hobbit"

Questo famoso incipit, da Lo Hobbit, introduce i piccoli uomini nelle vicende che si dipanano in tutto il romanzo e nel ben più corposo "Il Signore degli Anelli", realizzati dal filologo John Ronald Reuel Tolkien.
E' una razza di uomini insignificante e anche se Tolkien si è sempre sforzato di nobilitarne l'immagine è facile accomunare la parola Hobbit a rabbit ( "coniglio" in inglese). Per di più sono quasi sconosciuti  alle altre razze della Terra di Mezzo, Elfi, Nani, Uomini, Ent e Orchi, Troll, Vagabondi, Mannari
Dal canto loro, vivono sereni nella Contea, del tutto ignari  degli avvenimenti e delle guerre scatenate dalla brama di Sauron, cui è stato sottratto l'anello del Potere, con il quale avrebbe dominato.

Vi possono essere metafore  nelle storie della Terra di Mezzo? 
Malgrado Tolkien si schermisse, è evidente che il mondo da lui inventato è specchio dell'Europa del suo tempo, che lui oltretutto aveva vissuto dolorosamente nelle trincee della Grande Guerra,  con la grande minaccia del nazismo, l'esaltazione delle nazioni e delle razze, le tecnologie asservite più alla guerra che al bene.

A tutto questo gli Hobbit rispondono con la loro semplicità. Non si occupano di politica, se non di quella strettamente locale, non impugnano armi ( in quasi duemila anni di storia solo per due volte dovettero ricorrervi), non amano avventure e esplorazioni.
Sono l'esatta metafora dell'uomo comune, che vive di prospettive minime e di soddisfazioni limitate.


Ma questi piccoli esseri sono chiamati ad una impresa apparentemente molto al di sopra delle proprie possibilità e per la quale i rappresentanti delle altre razze  si tirano indietro, troppo coinvolti nella ricerca di potere da opporre al male di Sauron.
Ma il potere dell'Anello non sembra avere  ancora influenzato Frodo, che si rende disponibile a portarlo nel monte Fato, per distruggerlo.

"Prenderò io l'Anello - disse - ma non conosco la strada"
Elrond levò gli occhi e lo guardò, e Frodo si sentì  il cuore trafitto dall'improvvisa acutezza dello sguardo. "Se intendo bene tutto quel che ho udito -disse - credo che codesto compito sia destinato a te, Frodo; se non trovi tu la via, nessun altro la troverà. E' giunta l'ora del popolo della Contea, ed esso si leva dai campi silenziosi e tranquilli per scuotere le torri e i consigli dei grandi.

Scatta allora la solidarietà, inaspettata, degli amici un po' incoscienti ma che non abbandonerebbero mai per niente al mondo Frodo

"Ma allora non hai capito - disse Pipino -  Tu devi partire, perciò dobbiamo partire anche noi. Merry e io veniamo con te. Sam è un'ottima persona, e salterebbe nella gola di un drago per soccorrerti, se non inciampasse nei propri piedi; ma avrai bisogno di più di un compagno nella tua pericolosa avventura."

Ecco che i pigri e gaudenti Hobbit per amore di un amico, per orgoglio e per un senso di responsabilità che in fondo è anche timore di perdere quanto di bello hanno nella Terra di Mezzo, soprendono i Grandi per la loro intraprendenza. 
Sovente i Grandi della terra devono fare i conti con la determinazione e il coraggio degli ultimi,  a cui pare molto più chiara la differenza tra il bene e il male.

Tuttavia la vicinanza al Potere, corrompe.
Proprio nell'ultimo atto, la volontà di Frodo vacilla.

"Sono venuto - disse- Ma ora non scelgo di fare ciò per cui sono venuto. Non compirò quest'atto. L'anello è mio!" E improvvisamente, infilandoselo al dito, scomparve alla vista di Sam.

La lusinga del Potere colpisce anche i più puri tra i cuori della Terra di Mezzo.
Ecco dunque intervenire il Fato, o l'Assoluto, nella persona di Gollum, che sottrae l'Anello a Frodo in modo cruento, compiendo l'ultimo atto.

"Tesoro, tesoro, Tesoro! - gridò Gollum - Mio Tesoro" E mentre pronunciava quelle parole, con gli occhi rivolti verso l'alto, gongolanti di gioia alla vista della sua conquista, mise un piede in fallo, inciampò, vacillò un istante sull'orlo e poi precipitò con un urlo.Dagli abissi giunse il suo ultimo lamentevole Tesoro! ed egli scomparve per sempre.

Ove non riesce l'uomo, interviene il destino, o Dio.

Con quest'ultimo atto non si vuole sminuire il cammino di consapevolezza, oltre che di sofferenza, che Frodo, come semplice uomo, compie, ma aggiungere a questo la valenza di contestualità nella quale siamo immersi. Siamo nel nostro tempo e dobbiamo agire in esso.

"Altri mali potranno sopraggiungere, perchè Sauron non è che un servo o un emissario. ma non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo; il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo, al fine di lasciare a coloro che verranno terra sana e pulita da coltivare. Ma il tempo che avranno non dipende da noi."





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