La vista cambia continuamente.
Superi un dosso, aggiri un versante,
esci dal folto di un bosco,
e ciò che vedi muta in continuazione.
Ogni curva di sentiero
porta i tuoi occhi su paesaggi differenti.
In montagna, dove le prospettive cambiano
al cambiare della luce del giorno,
al cambiare della luce del giorno,
al mutare del clima,
al girare del vento che piega
le cime degli alberi.
le cime degli alberi.
Dalla montagna impari a cambiare punto di vista, ad adeguare il tuo progetto di cammino alle condizioni e agli imprevisti che incontri.
E nell'esperienza di adulto in mezzo a giovani e adolescenti, presente ma non protagonista, bensì al servizio, ritrovi questa necessità di cambio di prospettiva.
Non è importante il ruolo, ma la disponibilità, non le intenzioni, ma l'adattarsi.
Vivi, al pari di loro, la precarietà di una tenda, l'esposizione nuda (metaforicamente, s'intende) al vento, al sole, alla pioggia al freddo. Accompagni il loro cammino, fornendo sostegno e pazienza. Accetti l'acqua fredda per lavarsi la mattina, la doccia dopo che tutti sono andati a dormire, l'incessante andirivieni per la preparazione del cibo ( e mangiano come gli hobbit, cinque volte al giorno!). Ami l'avventura condivisa, il sudore della salita, l'adrenalina del tuffarsi da altezze che mai nella tua giovinezza avresti affrontato, il disagio del risveglio in una tendina ricoperta di ghiaccio.
E questo ti cambia.
Impercettibilmente, sposta l'asticella delle cose importanti.
E disagi quotidiani del lavoro abbassano il loro score. Sono fastidiosi, ma non così importanti.
Le bollette da pagare, gli appuntamenti da rincorrere. Da fare, ma non così importanti.
L'ultimo film da vedere, canzone da ascoltare, spettacolo cui assistere. Belli, ma non così importanti.
Importa vivere una famiglia, una amicizia, una comunità.
E preghi per aver la forza di farlo.
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Su l'esperienza di campeggio e montagna ho già scritto:
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