venerdì 17 settembre 2010

Facebook e la ricerca di senso.


Mi sono fatto una certa idea di Facebook, dopo alcuni mesi di (scarsa) frequentazione. L’idea di una grande bacheca mondiale dove ognuno puo` mettere quello che gli pare potrebbe sembrare vincente e di fatto lo e` stata, facendo diventare FB il sito piu` visitato dopo Google.
Ma molte sono le controindicazioni che a parer mio rendono FB molto piu` simile ad una piazzetta dove si puo` spettegolare e diffondere gossip che ad una agora` dove discutere di cose. L’assoluta liberta` dei temi da proporre agevola anche un chiacchericcio inutile e il piu` delle volte fastidioso.
Mi spiego meglio.
Se incontri un conoscente, nel salutarlo scambi con lui una serie di convenevoli ( come stai, e la famiglia, e il lavoro? etc. ) che in realta` non servono per informarsi veramente sulla sua situazione, ma semplicemente per rafforzare la relazione che esiste tra voi. Ne e` prova il fatto che se l’interlocutore abusa dell’incontro e ne approfitta per riversare su voi la storia della sua vita, il legame, anziche` rafforzarsi, si indebolisce ( e all’incontro successivo adotterete tattiche di fuga rapida ).
Facebook e` uno strumento potentissimo per rafforzare legami di conoscenza e amicizia ( anche se l’uso che fa della parola amico ha una alta dose di ambiguita` e altro ci sarebbe da dire su chi raccoglie “amicizie” per incrementare il suo score ) e i brevi messaggi sono un modo per dire “io sono ok, tu sei ok” .
Ma quando il limite si supera, eccedendo nel numero di messaggi o impoverendo il canale comunicativo con un borbottio autoreferenziale che equivale a dire “io sono ok, tu NON sei ok” (lo so, dovrei studiarmi un po’ di analisi transazionale, non semplicemente copiaincollare da qui), allora la disponibilita` ad ascoltare di smorza.
Perche` si e` disposti ad avere un canale “povero” di contenuti se l’interlocutore e` portatore di un legame anche nella vita reale, dove altri contenuti ed esperienze sono condivisi, ma non con chi chiede la tua amicizia e poi non e` in grado di far altro che parlare al proprio ombelico.
Perche` deve esistere un senso anche in un saluto.

martedì 7 settembre 2010

La sfida della mente aperta



La mia attivita` lavorativa mi ha portato specie in questi ultimi anni a contatto con aspetti inerenti allo scopo ultimo della mia azienda ( fabbricare componenti elettronici a semiconduttore ) spesso apparentemente molto distanti tra loro.
Con una competenza non strettamente legata ad un particolare ambito ( tecnologico, gestionale, organizzativo ), ho potuto spaziare dalla definizione di regole tecnologiche per la produzione alla identificazione di applicazioni per prodotti innovativi, passando dalla progettazione digitale e approdando alla definizione e fornitura di sistemi collaborativi.
Cercare un senso comune alle attivita` di cui ho fatto esperienza, escludendo la mia idiosincrasia a fare cose che non abbiano, appunto, piu` senso per me, anche a costo di perdere in termini di carriera, non e` stato facile.
MI sono convinto pero` che sono due i fattori di successo nell’ambito di una qualsiasi attivita`, sia essa strettamente lavorativa o che coinvolga altri momenti della vita ( e dove per successo intendo il compimento completo dell’impresa, ovvero una idea funzionante accanto ad una soddisfazione piena di tutti gli attori).
Essi sono da un lato la severa specializzazione in un ambito ovvero la piena comprensione di tutti i suoi aspetti, l’abilita` di risolvere qualsiasi problema si affacci, la perfetta sintonia con l’oggetto del proprio lavoro, in una prospettiva riduzionistica.
Dall’altro lato, e` vincente la visione olistica del lavoro, che si esprime nella comprensione della panoramica nella quale l’attivita` viene considerata. Qui si innesca una interpretazione della realta` , una visione che deve necessariamente andare al di la` delle competenze specifiche per il lavoro che si intraprende. Si rivela importante, ad esempio, non conoscere solo di elettronica o informatica, ma anche di marketing, economia, e di psicologia, oppure di networks, quindi teoria della complessita`, sociologia, etc.
Ho anche osservato che quanto piu` questi due estremi si compenetrano, quanto piu` gli specializzati entrano in collaborazione con quelli che hanno la visione a 360 gradi, tanto piu` il risultato e` coronato da successo.
Questa sinergia, che sino a pochi anni fa impensabile ( la dicotomia olismo-riduzionismo sembrava dover essere rappresentata da un insieme disgiunto nel quale non vi era punto di contatto e nemmeno doveva esserci), e` fortunata conseguenza dell’evoluzione della nostra societa`, e in qualche modo scardina ruoli precostituiti e basati sulla immutabilita` di certe interpretazioni della realta`.
E` necessario pero` che le menti che regolano queste iniziative siano aperte ad ogni contributo, da qualsiasi parte provenga. Basare il proprio sviluppo su preconcetti o sull’autoreferenzialita` ( non solo personale, deleteria in se`, ma anche di gruppo, team, aggregazione) e` una via destinata al fallimento.
Appunti
Commento sul mio taccuino ( cartaceo e in web) gli argomenti che di volta in volta mi sembrano più interessanti, con un obiettivo semplice: cercare di migliorare e rendere più chiara la mia visione del mondo. E se questo può aiutare anche voi, ne sono felice.