mercoledì 29 febbraio 2012

Politica e complessita`

Nelle attuali discussioni politiche, approssimandosi le elezioni amministrative e fortunatamente avendo a disposizione strumenti telematici che permettono  a ciascuno di esprimere la propria opinione, vi e` la tendenza molto umana ad  assolutizzare le richieste e a relativizzare le difficolta`. Cosi` succede che, per esempio,  si chiede di destinare risorse per una citta` piu` bella, dimenticando che ci si deve anche adoperare per una citta` piu` giusta ( lavoro, sociale, cultura). O ancora, si addossano all’amministrazione comunale competenze e responsabilita` che sono di altri enti, semplicemente perche` esiste un interlocutore bene identificato, che secondo alcuni dovrebbe farsi carico di tutti i problemi dei cittadini,  a prescindere.
Questo atteggiamento e` comprensibile e giustificabile se ad esprimerlo sono i semplici cittadini che magari digiuni di politica e di competenze amministrative, dimostrano semplicemente una esigenza secondo le modalita` e le forme a loro piu` consone.  ( ci si augura sempre senza scadere nella provocazione e nell’insulto).
Quello che preoccupa di piu`, invece, e` quando si esprime cosi` chi ambisce ad assumere democraticamente un ruolo di responsabilita` nella guida della comunita`, sia essa locale che piu` estesa. Non si puo` credere che un candidato al consiglio comunale  non sia al corrente delle difficolta` in cui versano i comuni  oggi, o che liquidi con espressioni demagogiche operazioni di alta complessita`.
Questo e` cio`che di dimentica : che viviamo anzi siamo immersi, siamo noi stessi un sistema complesso, il cui livello di complessita` e` vertiginosamente aumentato nell’ultimo secolo. Le iniziative individuali si intersecano con quelle di tutti gli altri, facendo emergere comportamenti imprevedibili.
In questo quadro, ostinarsi su visioni parziali o approssimate dimostra in sostanza l’incapacita` di fondo di saper leggere la realta`.

mercoledì 22 febbraio 2012

Per una cultura popolare nel nostro territorio


Vorrei cogliere l’opportunita` data dalla pubblicazione sul dorso culturale de Il Sole 24 Ore  di un manifesto per la rinascita della cultura in Italia, per tracciare un parallelo in ambito locale.
La prima pagina di Domenica ( 19 febbraio ) riporta questa proposta declinata in cinque punti che , a partire da una definizione di cultura che si coniuga strettamente con lo sviluppo ( e che quindi non puo` e non deve essere considerata elemento accessorio) propone un cammino di recupero strategico di quello che e` un punto di forza del nostro Paese.
Molti analisti e divulgatori  concordano nel riconoscere che lo sviluppo si puo` declinare con la sostenibilita` ambientale ed etica se si basa sull’economia della conoscenza. Ad essa si deve giungere con una adeguata preparazione in termini di strategia politica, di educazione, di cultura, appunto.
Già, ma quale cultura?
Nell’articolo si intende per cultura  “una concezione allargata che implichi educazione, istruzione, ricerca scientifica, conoscenza”. E per sviluppo non “una nozione meramente economicistica”.
Concetti di ampio respiro, forse un po’ generici, ma che non danno alibi a chi vorrebbe gestire solo una cultura d’elite.
In una dimensione locale, la promozione di una cultura cosi` intesa  trova se vogliamo ancora più difficoltà. Il difficile, a mio personale parere, non è dato dalla disponibilità economica, ma dal riuscire a rendere la cultura veramente popolare. Che non vuol dire essere pop nel senso piu` svilente del termine.  I nostri genitori ( nonni, per chi non ha superato la soglia degli -anta) conoscevano molte arie d’opera:  quella espressione di cultura aveva una diffusione popolare.
Non c’è argomento difficile o impegnativo che non possa essere affrontato con semplicità. Fo e Benigni insegnano  che Dante o altri classici  possono essere proposti in contenitori nazional-popolari senza che il valore di quelle opere ne esca sminuito, anzi liberando nuove prospettive che avvicinano nuovi spettatori.
Per contro, il modello di broadcast della televisione rappresenta un ostacolo quasi insormontabile nel fare nascere tra i cittadini la voglia di esplorare nuovi e differenti orizzonti culturali.
Dunque, non e` rinchiudendo i concerti nelle sale e proponendo solo opere d’essai  che la cultura prende vigore. E nemmeno proponendo esclusivamente temi cari al proprio gruppo culturale (se non politico) di riferimento, anche se tali temi si fregiano dell’aggettivo “popolare” .
Piuttosto si dovrebbe riprendere il modello sperimentato alcuni anni fa da coraggiosi interpreti della voglia di diffusione del sapere e della conoscenza e sfociato in cicli di appuntamenti identificati sotto il nome di Meeting della Cultura.
Un esempio di sussidiarieta`  culturale a cui purtroppo non stato dato seguito e che mi pare non sia stato ancora imitato da nessuna organizzazione nell’hinterland. Temo  non solo per problemi economici.

mercoledì 8 febbraio 2012

La ricezione

Succede che mia moglie mi voglia comunicare qualche cosa, una richiesta o un invito, ma lo fa dall'altra parte della casa.
Non che questa sia enorme, ma spesso la voce fatica a superare stanze e corridoi, e gli altri componenti della famiglia creano sufficiente rumore da  distorcere o annullare il contenuto del messaggio. Per di piu` spesso il messaggio ( sovente un ordine!) viene lanciato senza una preventiva fase di handshaking, che mi permetterebbe una migliore sincronizzazione ed una ricezione migliore ( infatti il piu` delle volte perdo le prime parole, quella a maggiore contenuto informativo, con conseguenze poi disastrose).
Shannon identifica il ricevente come l'ente che esegue l'operazione inversa di decodifica del segnale. il  che comporta di avere a disposizione la stessa tecnologica  usata per la codifica e la trasmissione. In altri termini, si deve sapere che qualcuno sta trasmettendo, che abbia un linguaggio noto e che il ricevente sia in grado di trarre da quel linguaggio le informazioni spedite ( trascurando il rumore)
Ma se non ci si cura del fatto che chi riceve abbia a disposizione tutti gli strumenti, allora la trasmissione e` inutile.
Cosi` avviene nella scrittura, in due casi diametralmente opposti: il primo e` dato da molti dei cosidetti "aspiranti scrittori" che ambiscono alla pubblicazione di un loro scritto "fatto di getto", o "proveniente dal cuore" e per questo completamente alieno non dico alla grammatica ma alle piu` elementari regole della parola scritta e della narrazione. Ne risulta un testo criptico, autoreferenziale, assolutamente inutili.
Dall'altra parte, certi notabili della cultura veicolano il loro pensiero attraverso un linguaggio di alta complessita`, difficile da comprendere ai non iniziati. Di per se non sarebbe un problema, se la comunicazione avvenisse attraverso canali condivisi solo da loro. Ma quando tali espressioni vengono veicolate attraverso mezzi di comunicazione generalista a diffusione nazionale, ci si aspetterebbe un linguaggio piu` alla portata di tutti.
Entrambi i soggetti non si curano degli enti riceventi.
Aiutatemi a trovare altri esempi.




venerdì 3 febbraio 2012

Qual'e` il confine tra l'impegno e il tornaconto personale?

Qual'e` il confine tra l'impegno e il tornaconto personale, nelle attivita` di volontariato? Com e` possibile discriminare tra una dedizione completa alla comunita` alla quale fornisci servizi  ( di tipo sociale, culturale, politico) e l'attenzione (certo magari non esclusiva, ma comunque presente) ad un proprio arricchimento, che se non necessariamente e` monetario, puo` tuttavia realizzarsi in privilegi, agevolazioni, o anche solo una piu` alta immagine di se` presso la comunita`?
Le recenti vicende della Casta, cosi` come i continui episodi di corruzione e di abuso di posizione dominante, sono in tal senso emblematiche e dimostrano che non sempre le persone scelte, anche con metodi democratici, sono all'altezza del ruolo che gli e` stato assegnato.

E` pur vero che e` normale tendenza umana cercare di trarre beneficio per se, ove possibile.
Ad esempio, potrei dire che questo blog e` un servizio, perche` tento di dare spiegazioni, mi auguro comprensibili a tutti, su alcuni accadimenti del mondo, in realta` nello scrivere soddisfo il mio ego, cosi` come la maggior parte dei blogger e dei frequentatori della rete ( si`, anche di Facebook e Twitter).
L'antidoto a questo e` una attenzione costante, una delega che non sia in bianco. Ma penso che ancora piu` importante sia l'abbandonare il senso corporativo che muove tutte le associazioni, gli enti privati, i partiti. Quel sentirsi esclusivi, soli depositari di un mandato di salvatori del mondo, innesca meccanismi di autocompiacimento, di  mutua complicita` tra i membri, che scivola verso la relativizzazione delle regole delle comunita` piu` ampie a cui ci si riferisce ( siano esse civili, religiose, o di fatto ) , giustificando spiacevoli fenomeni di  scavalcamento delle stesse. Non sempre si arriva a commettere illeciti perseguibili dalla giustizia, ma spesso l'etica, in questo modo, viene messa in secondo piano.
Tenere sempre presente che la comunita` di riferimento e` quella che ci permette di vivere, per estensione il mondo intero, e non il gruppetto di amici o di chi condivide un impegno,  ci fa evitare errori spiacevoli e potenzialmente pericolosi, per se` e per gli altri. 

giovedì 2 febbraio 2012

La realta` e` relazione

L'ultimo uomo sulla Terra e` il tema di molti romanzi di stampo catastrofistico, tra i quali spiccano "Io sono leggenda" da cui hanno tratto il film omonimo (oltre ad altri) e "La nube purpurea" di M.P.Shiel.
Vi e` sempre, in questo tipo di racconti, ma anche in quelli, quali ad esempio Robinson Crusoe, ove gli avvenimenti non hanno testimoni, una certa difficolta` narrativa, per mantenere nel lettore  la sospensione dell'incredulita`, risolta con accorgimenti letterari a volte un po' forzati ( ne La nube purpurea, gli avvenimenti sono narrazioni di "quarta" mano e trattano un futuro possibile ).
Questo proprio a causa della solitudine del protagonista, che non e` una solitudine temporanea, ma strutturale, generata da una catastrofe di proporzioni mondiali ( o piu` ridotte, nel caso di Robinson ).
E se uno e` solo, assolutamente solo, e` come se non esistesse.

La vita di ogni persona si compie e completa nelle relazioni con gli altri simili.
Senza, la stessa mente vacilla (ecco perche` il naufrago del film Cast Away  si costruisce un amico immaginario - Wilson - con un pallone da football).
Solo nell'instaurarsi di una relazione con un altro, l'oggetto di tale relazione diventa reale. Se lo e` solo per se stessi, e non lo si riesce a comunicare agli altri, perde  il suo significato.

Nessun uomo e` un'isola, dicevano John Donne e Thomas Merton,  e in qualcho modo lo dimostra anche il successo di questi anni dei social network, che suppliscono alla continuita` della  relazione che si poteva trovare nelle comunita` rurali o nelle citta` in cui tutti si conoscevano, qualche decennio fa.
Il ruolo dei media nel definire  gli ambiti di relazione e` del resto fondamentale. Le generazioni precedenti la mia, figlie del boom televisivo, hanno imparato ad associare la realta` delle cose con quello che il mezzo  proponeva. Una cosa era vera se veniva descritta, riportata, annunciata in televisione.
(Ora non e` piu' cosi`, ma la frequenza con cui molti utilizzatori della Rete cadono vittime di bufale o spam  dimostra che la funzione di leadership culturale e` stata trasferita dal mezzo televisivo a quello telematico).

Tutto e` in funzione della relazione con l'altro.  Persino il successo personale avviene solo se si e` in grado di stabilire relazioni che, non sempre ma di solito, risultino vantaggiose per tutti. Raccontano i fratelli Heath nell'articolo che da` il titolo a "The Myth of the Garage" ebook gratuito, che il mito degli inventori un po' scorbutici e misantropi rinchiusi nel garage di casa ad inventare successi planetari e` sostanzialmente falso: Hewlett & Packard, Jobs e Wozniak riuscirono nelle loro imprese non solo per il loro indiscutibile genio, ma anche per la capacita` di tessere relazioni, di stabilire legami umani oltre che professionali.
Il linguaggio rappresenta l'epifania del rapporto sociale:  attraverso esso l'uomo ha acquisito coscienza di se come individuo e come gruppo, e il la parola "io" ha acquisito una carica di significati, non tutti negativi, e ci ha resi capaci di inserirci , distinti,  nella moltitudine degli individui.
 
 Ci si puo` permettere di essere un po' orsi, preferendo spesso la solitudine alla caciara o alle chiacchere al vento di certi incontri tra amici, ma non si puo` prescindere dal considerare che  siamo inseriti in un consesso sociale, che grazie ad esso siamo  quel che siamo e possiamo fare la vita che stiamo vivendo ( perche` nella comunita` troviamo servizi, risorse e anche valori con cui vivere) , e che non dobbiamo chiudere completamente la porta alle relazioni umane.

Appunti
Commento sul mio taccuino ( cartaceo e in web) gli argomenti che di volta in volta mi sembrano più interessanti, con un obiettivo semplice: cercare di migliorare e rendere più chiara la mia visione del mondo. E se questo può aiutare anche voi, ne sono felice.