venerdì 24 ottobre 2014

Non è un paese per auto

C'è un aspetto nella valutazione urbanistica della nostra città di Cernusco, valido in ogni caso per la quasi totalità dei comuni italiani,  che non appare mai nelle discussioni "da bar"  fatte sui social network, ma che non ho visto trasparire neppure nelle publicazioni ufficiali, sia di provenienza politica che amministrativa. Sono certo che gli studiosi ne sono consapevoli, ma nella valutazione corrente dei fenomeni urbanistici questo aspetto non viene quasi mai sottolineato.
Mi riferisco alla pervasività, anzi all'invasione dei mezzi automobilistici sulle strade.
Mentre la popolazione cernuschese è aumentata tutto sommato in modo lineare dagli anni settanta ad oggi, passando dai ventiduemila ai trendaduemila attuali, la densità di auto è triplicata . Nei '70 c'erano venti auto ogni cento abitanti, ad oggi siamo intorno ai sessanta veicoli ogni cento abitanti (dati nazionali).
In una città il cui centro ha una impronta sostanzialmente medievale, e una buona parte dello sviluppo urbano nasce proprio nei '70, con valutazioni urbanistiche non tutte lungimiranti,  la presenza massiccia di autoveicoli tende a creare più problemi che vantaggi.
Così si assiste ad un turbinare di veicoli in cerca di un parcheggio nelle ore di punta, o allo snodarsi di code in alcuni dei (molti) punti critici della città.
Cernusco sul Naviglio - via Marcellina - centro storico - parcheggio
Poco traffico, ma era nel 1991. foto R.Bossaglia -sito Lombardia Beni Culturali
Ma di chi è la colpa?
Delle amministrazioni che si sono succedute, che han richiesto studi sul traffico, realizzato  piani di governo del territorio, radicalmente modificato la viabilità, creato la ZTL, reso i parcheggi a pagamento ,  istituito le piste ciclabili, che rubano posti auto?
Delle imprese edili, che edificano sfruttando il più possibile la cubatura, così che nello spazio di un villino, vi possono abitare poi  quattro o sei famiglie ( 2x4 = 8 auto almeno da parcheggiare... ), che edificano quartieri senza servizi, obbligando ad una transumanza quotidiana per tutto?
Dei cittadini automobilisti, cultori del feticcio auto, che non si schioderebbero dal sedile per nessuna ragione al mondo, e pur di non fare quei due-trecento metri a piedi parcheggiano in doppia fila, nelle anse delle rotonde, di fronte ai passi carrai, nelle piste ciclabili ( appunto), e  considerano ciclisti e pedoni solo ostacoli  al pari di quelli dei videogiochi, non persone ? ( Non chiedo di essere esentato da questa categoria, anch'io uso l'auto, ma i trecento metri per parcheggiare correttamente li faccio volentieri ).

Nelle grandi città lo si è già capito: il ruolo delle auto. pure importante ( e si sa come il motore a combustione interna a cambiato drasticamente la movimentazione di merci e persone sia stato uno dei "motori" - perdonate il calembour - dello sviluppo tecnologico e sociale dell'ultimo secolo almeno ), si sta ridimensionando a favore di più agili mezzi di trasporto.
Uno di questi è ineludibilmente la bicicletta, che più di altri si integra  nell'esistente tessuto urbano, non impattando nè in termini di occupazione di spazio nè in  inquinamento e che fornisce una elasticità di utilizzo che altri mezzi non hanno, a dispetto anche delle polemiche recenti su sensi unici e passaggi ciclopedonali.

Ecco, io credo per questo, come per altri temi, un cambio di prospettiva, un ritorno ad una condizione esistenziale che precedentemente al diffondersi delle auto era "forzosa" e che ora deve diventare "virtuosa". Il progresso non è solo tecnologia ma, soprattutto, consapevolezza.



venerdì 17 ottobre 2014

Scritture



Difficile che commenti un libro senza averlo letto. Ma in questo caso lo faccio, anche perchè sono gli autori stessi che  suggeriscono di non leggere il libro in maniera sequenziale.  Perchè, più che un libro, si tratta di un manuale. Meglio ancora, un'officina, dove si possono trovare gli strumenti adatti per il tipo di scrittura che si vuole intraprendere.
Il libro in questione è "L'Officina della Parola" di Stefano Brugnolo e Giulio Mozzi, Sironi Editore: una guida all'uso di stili e registri di scrittura.
L'ho solo sfogliato,  leggiucchiando qua e là, ma già l'ho eletto come il mio libro definitivo per guidarmi nella stesura dei miei scritti, siano essi noiosamente professionali o ingenuamente dilettanteschi. Non voglio dire che sia il non-plus-ultra. Non ho la competenza per farlo. 
Però se voglio scrivere per argomentare c'è un parte con sei capitoli dedicati, se voglio narrare, mi spiegano tutto in altri  nove, poi spiegano la punteggiatura e tutta la grammatica e anche quali stili adottare. 
Insomma tutto quello che mi serve per scrivere in modo decente. Che poi i contenuti siano all'altezza, è un altro paio di maniche.
Un bel volume da mettere accanto a On Writing di Stephen King e a Il mestiere di scrivere di Luisa Carrada.  E magari anche a Come si fa una tesi di laurea di Umberto Eco.  Perchè quando i miei figli dovranno imbarcarsi nell'impresa di scrivere per tesi e tesine, e chiederanno aiuto per impostare il lavoro ( sono certo che lo chiederanno, l'aiuto ), un ricorso ai ferri del mestiere contenuti in questo libro sarà tra i miei suggerimenti. 

giovedì 2 ottobre 2014

Letture



E' da un po' di anni che ho cessato di essere un "grande lettore", ormai riesco a leggere solo pochi titoli l'anno. Da quando poi mi ostino a consultare saggistica, notoriamente meno avvincente della narrativa, le cose sono anche peggiorate. Qualche volta però riesco a concludere qualche bella storia. Ecco due di quelle, appena finite di leggere ( in contemporanea ...)

Quando ho iniziato a leggere "Fra me e te" di Marco Erba, (solo in ebook  e solo a 0,99 euro) non sapevo bene cosa aspettarmi.
Conosco Marco Erba, so che è un bravo professore ( lo deduco perlomeno dalle attestazioni di stima dei suoi alunni su FB - sempre che non siano tentativi di abbindolamento), ma temevo che potesse cadere nella trappola del drammone sentimentale, che tanto fa sospirare le ragazze,  ma di cui non se ne sentiva il bisogno.
Invece, se pur con una partenza non proprio dinamica ( il primo vero dialogo si trova  solo nel terzo capitolo),  con il profilo dei personaggi che assume sempre più sfaccettature e molte di queste somigliano terribilmente a quelle dei nostri ragazzi, la storia si fa interessante.
L'avventura dei due adolescenti, che si trovano a combattere contro la naturale tendenza al disfattismo e trovano il modo per affermare la propria dignità, apre gli occhi sul mondo dei minori con un impatto emotivo che nessun psicologo o sociologo è in grado di trasferire nei suoi lavori.
Fra me e teE se la conclusione in fondo assume valenze un po' catechistiche ( non me ne volere, Marco; qui è evidente il tuo background, ma non è una colpa!), l'accellerazione degli eventi e la simpatia dei personaggi rendono la storia bella da leggere.
E magari da discutere anche, in famiglia.




Diverso è il caso dell' "Atlante delle Nuvole", di David Mitchell, 2004 saga che si dipana attraverso i secoli poggiandosi su sei storie apparentemente slegate l'una dall'altra, se non per pochi labili legami.
L'autore sorprendentemente nidifica una nell'altra le storie ma questo accorgimento, oltre al tenere in sospeso l'attenzione del lettore, non pare avere alcun altro significato.  Molto più bravo è nel gestire differenti registri stilistici in ognuna delle storie, passando dal diario di bordo al thriller ad un lungo interrogatorio sino alla narrazione sconclusionata di un sopravvissuto post-atomico.
Peccato che, a fronte di queste intelligenti soluzioni narrative , mi sarei aspettato una conclusione più epica, un climax e una chiusura che rendesse ragione delle labili connessioni tra le storie. Invece il tutto si compie nell'ultima pagina, con una breve giustificazione sulla necessità di far prevalere  la solidarietà e l'amore al male che apparentemente governa il mondo.
Mi sembra che il film tratto  da questo libro renda un po' giustizia alle difficoltà che il lettore incontra, ma dovrei rivederlo per confermare questa mia idea.
In conclusione, un libro bello, con una intelligente struttura , ma che lascia perplessi sui messaggi che avrebbe potuto lanciare ma che non ha fatto.

Appunti
Commento sul mio taccuino ( cartaceo e in web) gli argomenti che di volta in volta mi sembrano più interessanti, con un obiettivo semplice: cercare di migliorare e rendere più chiara la mia visione del mondo. E se questo può aiutare anche voi, ne sono felice.