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martedì 27 giugno 2017

Società, comunità, teatro

Credo che una società possa dimostrarsi evoluta, possa esprimere veramente valore se è in grado di (creare le condizioni per) sviluppare e coltivare comunità, promuoverle e farle diventare motore di cambiamento.
L'aggregazione dei singoli in comunità  è speculare alla evoluzione di sistemi complessi, per cui il tutto è maggiore della somma delle parti.
In altre parole, una comunità numerosa (e in qualche modo motivata) dispone delle risorse che le permettono di realizzare opere (dalle Piramidi alla conquista dello Spazio, alla codifica di leggi sempre più democratiche) che uno singolo o pochi individui non potrebbero nemmeno concepire.


Il nostro substrato genetico è portatore dell'imprinting sociale: apparteniamo a una sottofamiglia di primati ( che condividiamo con Gorilla, Scimpanzè, Bonobo), che ha tra le spiccate caratteristiche etologiche quella di vivere in comunità ( tribù) di decine di individui.
Incisioni rupestri in Val Camonica: testimonianza di comunità antiche

Abbiamo imparato a espandere il cerchio oltre l'ambito familiare e delle conoscenze dirette,  creando villaggi, città, nazioni;  ci siamo aggregati secondo credenze, culture, passioni;  a diversi livelli, abbiamo provato un senso di appartenenza, così forte che ancora adesso prevalgono campanilismi e separatismi, oggi che non è più necessario prevalere  sull'altro per sopravvivere.

Per contro, esiste forte nell'uomo anche il senso di individualità, il bisogno di prevalere ( che equivale ad avere maggiori possibilità di sopravvivere e di perpetuare il proprio corredo genetico).

Recentemente, in occasione del  confronto elettorale, abbiamo  assisistito alla apoteosi  dell'individualità: molti candidati, o sostenitori  si sono attivati spinti più dal bisogno di prevalere  e di imporre la propria visione che da quello spirito di servizio così necessario affichè  la politica non si  corrompa in  interessi particolari.
E' facile considerare che, ove prevalgano gli interessi di pochi, non si presterà attenzione ai bisogni di tutti, minando così le basi della comunità, che è tale proprio perchè "mette in comune" risorse, impegno, interessi, aspettative.
Quarto Stato di Pellizza da Volpedo - Una comunità che si muove


Fondamento della costruzione delle comunità più ampie, quelle civili e professionali, quelle nazionali o internazionali, è l'esperienza che ognuno di noi fa nelle primarie comunità di riferimento, in primis la comunità familiare, poi quelle scolastiche, sportive, sociali.
Il ruolo di organizzazioni quali gli oratori o i Centri di Aggregazione Giovanili, o i gruppi Scout, che più di altri hanno una mission educativa nei confronti dei minori e dei giovani,  per la loro stessa natura sono strumento fondamentale per generare quel senso di appartenenza, di condivisione, di partecipazione che sono i fondamenti per la vita sociale.

Come quindi non tenere in considerazione  gli sforzi e i risultati ottenuti da un nutrito gruppo di giovani e adolescenti, che hanno partecipato, collaborato, lavorato spesso sacrificando il proprio ego a favore del gruppo, nella realizzazione di un evento che ha anche lo scopo intrinseco di servire (in senso culturale) una comunità?


Una trentina di giovani e adolescenti, accompagnati da un manipolo di adulti, hanno messo in scena una versione del musical "Madre Teresa" di  Michele Paulicelli, offrendolo in due serata "sold out" in Agorà.  Avendo due figli parte attiva di questo gruppo, ho potuto percepire la crescita del senso di appartenenza, dell'afflato verso un obiettivo comune, dello spirito di servizio che è via via cresciuto in loro,
Sono certo che in ogni organizzazione educativa, in occasione di un evento particolare, si può percepire questo.

Come non confidare che domani questi giovani saranno in grado di costruire comunità?





giovedì 2 ottobre 2014

Letture



E' da un po' di anni che ho cessato di essere un "grande lettore", ormai riesco a leggere solo pochi titoli l'anno. Da quando poi mi ostino a consultare saggistica, notoriamente meno avvincente della narrativa, le cose sono anche peggiorate. Qualche volta però riesco a concludere qualche bella storia. Ecco due di quelle, appena finite di leggere ( in contemporanea ...)

Quando ho iniziato a leggere "Fra me e te" di Marco Erba, (solo in ebook  e solo a 0,99 euro) non sapevo bene cosa aspettarmi.
Conosco Marco Erba, so che è un bravo professore ( lo deduco perlomeno dalle attestazioni di stima dei suoi alunni su FB - sempre che non siano tentativi di abbindolamento), ma temevo che potesse cadere nella trappola del drammone sentimentale, che tanto fa sospirare le ragazze,  ma di cui non se ne sentiva il bisogno.
Invece, se pur con una partenza non proprio dinamica ( il primo vero dialogo si trova  solo nel terzo capitolo),  con il profilo dei personaggi che assume sempre più sfaccettature e molte di queste somigliano terribilmente a quelle dei nostri ragazzi, la storia si fa interessante.
L'avventura dei due adolescenti, che si trovano a combattere contro la naturale tendenza al disfattismo e trovano il modo per affermare la propria dignità, apre gli occhi sul mondo dei minori con un impatto emotivo che nessun psicologo o sociologo è in grado di trasferire nei suoi lavori.
Fra me e teE se la conclusione in fondo assume valenze un po' catechistiche ( non me ne volere, Marco; qui è evidente il tuo background, ma non è una colpa!), l'accellerazione degli eventi e la simpatia dei personaggi rendono la storia bella da leggere.
E magari da discutere anche, in famiglia.




Diverso è il caso dell' "Atlante delle Nuvole", di David Mitchell, 2004 saga che si dipana attraverso i secoli poggiandosi su sei storie apparentemente slegate l'una dall'altra, se non per pochi labili legami.
L'autore sorprendentemente nidifica una nell'altra le storie ma questo accorgimento, oltre al tenere in sospeso l'attenzione del lettore, non pare avere alcun altro significato.  Molto più bravo è nel gestire differenti registri stilistici in ognuna delle storie, passando dal diario di bordo al thriller ad un lungo interrogatorio sino alla narrazione sconclusionata di un sopravvissuto post-atomico.
Peccato che, a fronte di queste intelligenti soluzioni narrative , mi sarei aspettato una conclusione più epica, un climax e una chiusura che rendesse ragione delle labili connessioni tra le storie. Invece il tutto si compie nell'ultima pagina, con una breve giustificazione sulla necessità di far prevalere  la solidarietà e l'amore al male che apparentemente governa il mondo.
Mi sembra che il film tratto  da questo libro renda un po' giustizia alle difficoltà che il lettore incontra, ma dovrei rivederlo per confermare questa mia idea.
In conclusione, un libro bello, con una intelligente struttura , ma che lascia perplessi sui messaggi che avrebbe potuto lanciare ma che non ha fatto.

Appunti
Commento sul mio taccuino ( cartaceo e in web) gli argomenti che di volta in volta mi sembrano più interessanti, con un obiettivo semplice: cercare di migliorare e rendere più chiara la mia visione del mondo. E se questo può aiutare anche voi, ne sono felice.