venerdì 22 febbraio 2013

Dichiarazione di voto .... o forse no.

Tutti i gruppi umani sono tendenzialmente autoreferenziali. Associazioni, gruppi di amici , squadre, club, anche e soprattutto partiti, oltre  a perseguire lo scopo per cui sono nati, si adoperano anche per la propria sopravvivenza e per il proprio posto nella comunita` di riferimento. Questo e` assolutamente normale e fisiologico. Quando pero` l'autoreferenza si erge a sistema, la cosa puo` diventare fastidiosa. E` il rischio che corrono i partiti, soprattutto loro.  E che spesso  non sono stati in grado di gestire in modo virtuoso la consapevolezza del ruolo chiave che hanno.
Per questo sono stato sempre critico con gli amici che si buttano a capofitto in una avventura che rischia di diventare totalizzante. Meglio strutture leggere, plurarliste e "fluide" cosi` che non debbano difendere interessi consolidati negli anni, posizioni  da  trincea.
Ma la dialettica e` necessaria in democrazia. Ne e` l'essenza, e  difficilmente  e` possibile praticarla lasciando che ciascuno dei sessanta milioni di cittadini italiani dica la sua.
La delega, oculata e proattiva , e` l'attuazione sui grandi numeri della dialettica democratica.
Allora i partiti servono.  Ma devono rircordare ogni giorno a loro stessi il motivo per cui sono nati.
Che non e` certo quello di arricchirsi come casta e provare a vivere in un mondo virtuale di privilegi e disinteresse ( o meglio di simulato interesse)  dei problemi del Paese.
Credo che la riacquisizione di questa consapevolezza sia in atto, ne sono prova  i tanti giovani che con entusiasmo e disinteresse lavorano, in ogni schieramento, per "pulire" la politica.
Ma e` una strada ancora incerta, per questo mi riesce difficile dire in tutta onesta`  se sia stata , in special modo a livello nazionale, veramente imboccata.

martedì 5 febbraio 2013

Il dovere di uno scrittore



Scrivere, nel diario di questo blog o in espressioni piu` "concrete", e` per me importante: e` il mio modo di comunicare. Non solo per veicolare informazioni, notizie, o riflessioni personali,  ma anche  per esprimere la mia personalita`.
Del resto e` quello che uno scrittore professionista fa. Esprime se stesso attraverso quello che racconta.
Se e` molto bravo, riesce a mettere la propria figura sullo sfondo, in modo che non si noti, ma e` assolutamente presente nel quadro complessivo, e anzi ne caratterizza lo stile.
Riflessioni sulla comunicazione attraverso la scrittura ne ho gia` fatte, qui, e prima o poi  raccogliero` quei pensieri per dar loro forma organica , oggi pero` vorrei riflettere sui doveri, non scritti, non codificati ( non perlomeno nei testi sulla scrittura che ho avuto modo di accostare ), ma che sono implicitamente presenti  nel processo creativo dello scrivere.
Con un giro di parole,mi piace dire che uno scrittore dovrebbe far pensare e nello stesso tempo non far pensare.
Non far pensare ( distrarre)  significa riuscire a realizzare una narrazione che trascini il lettore fuori dal quotidiano e lo immerga nell'universo del  racconto, quel sub-universo teorizzato da Tolkien ( che afferma che il fantastico e` una lente della realta` ) dove tutto e` possibile perche` l'incredulita` e` sospesa.
Dovere di uno scrittore e` pero` anche far  pensare, cioe` instillare nel lettore il germe di una riflessione, il dubbio che demolisca una certezza, lo spunto per capire un pezzetto del mondo - reale- nel quale siamo immersi. Che lo si faccia attraverso una narrazione fantastica ( Tolkien, Lewis, Rowling , solo per citare i piu` famosi, raccontano di come il confine  tra bene e male  sia una lama sottile, uno sentiero in cresta da percorrere con attenzione) o con la banalita` degli eventi quotidiani, poco importa.

Una narrazione diventa capolavoro quando il lettore vi trova miscelato il divertimento alla riflessione; quando porta a casa, dopo il viaggio incredibile della lettura, un seme di saggezza.

Pagina bianca

venerdì 1 febbraio 2013

Teorema dell'ignoranza ad uso dei non matematici

Considera la conoscenza in rapporto ai numeri naturali.

I numeri naturali ( 1,2,3,..., n ) sono infiniti, ovvero prendendo un numero a caso anche molto grande, ce ne saranno sempre infiniti dopo di esso.
Associa ad ogni quanto di conoscenza un numero naturale.
Per quanto di conoscenza si intenda un argomento, un concetto di cui si abbia appunto  conoscenza.
Ad esempio, i nomi dei sette nani di Biancaneve o dei tredici dello Hobbit, la formazione del Milan del '75, la  formula bruta del paracetamolo, chi ha vinto Sanremo due anni fa, la trama dei romanzi di Wilbur Smith, i versi della Divina Commedia, il procedimento di realizzazione di un motore di F1...
Ma la conoscenza e` riferita  all'universo nel quale siamo immersi, che e` esperienzalmente infinito ( in ogni direzione).
Quindi la quantita` della conoscenza e` infinita
Addizionando i quanti di conoscenza che ognuno di noi matura, otteniamo un numero, che puo` essere mediamente grande ( per una persona normale) o anche molto grande.
Ma anche avendo a disposizione un numero molto grande espressione della conoscenza, ci sara` sempre un numero infinito di cose che non conosciamo.
Si deduce quindi che ogni uomo ha ignoranza infinita.

Da meditare quando avete a che fare con la supponenza di qualcuno che si reputa piu` istruito di voi....

L'universo infinito

Appunti
Commento sul mio taccuino ( cartaceo e in web) gli argomenti che di volta in volta mi sembrano più interessanti, con un obiettivo semplice: cercare di migliorare e rendere più chiara la mia visione del mondo. E se questo può aiutare anche voi, ne sono felice.