Tutti i gruppi umani sono tendenzialmente autoreferenziali. Associazioni, gruppi di amici , squadre, club, anche e soprattutto partiti, oltre a perseguire lo scopo per cui sono nati, si adoperano anche per la propria sopravvivenza e per il proprio posto nella comunita` di riferimento. Questo e` assolutamente normale e fisiologico. Quando pero` l'autoreferenza si erge a sistema, la cosa puo` diventare fastidiosa. E` il rischio che corrono i partiti, soprattutto loro. E che spesso non sono stati in grado di gestire in modo virtuoso la consapevolezza del ruolo chiave che hanno.
Per questo sono stato sempre critico con gli amici che si buttano a capofitto in una avventura che rischia di diventare totalizzante. Meglio strutture leggere, plurarliste e "fluide" cosi` che non debbano difendere interessi consolidati negli anni, posizioni da trincea.
Ma la dialettica e` necessaria in democrazia. Ne e` l'essenza, e difficilmente e` possibile praticarla lasciando che ciascuno dei sessanta milioni di cittadini italiani dica la sua.
La delega, oculata e proattiva , e` l'attuazione sui grandi numeri della dialettica democratica.
Allora i partiti servono. Ma devono rircordare ogni giorno a loro stessi il motivo per cui sono nati.
Che non e` certo quello di arricchirsi come casta e provare a vivere in un mondo virtuale di privilegi e disinteresse ( o meglio di simulato interesse) dei problemi del Paese.
Credo che la riacquisizione di questa consapevolezza sia in atto, ne sono prova i tanti giovani che con entusiasmo e disinteresse lavorano, in ogni schieramento, per "pulire" la politica.
Ma e` una strada ancora incerta, per questo mi riesce difficile dire in tutta onesta` se sia stata , in special modo a livello nazionale, veramente imboccata.
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