Quando inizi il cammino per una escursione, e ancora devi misurarti con le forze che ti saranno necessarie, il più delle volte, partendo da una altezza non eccessiva, intorno ai quei mille metri che fanno di una montagna una vera montagna e non un suo surrogato collinare, ti trovi a camminare immerso nella vegetazione.
Intorno a te alberi e arbusti crescono rigogliosi, non ancora atterrati dal vento sferzanti o mutilati dal gelo invernale. Attraversi un bosco di abeti , percorri un sentiero che si inoltra tra gli arbusti di ontano, rododendro e mugo, e ti senti in qualche modo protetto.
Sai bene che non ti potranno riparare dal temporale improvviso che si sta caricando oltre quel versante, e che il vento supererà con facilità la barriera verde sino a penetrarti nelle ossa. Pure, come una giacca leggera che non contrasta il freddo dell’autunno calato improvvisamente, ma dà in ogni caso una illusione di protezione, così quella esile coltre verde è come un cuscino tra te e l’universo.
Ma superato il limite degli alberi, che cedono spazio all’erba stopposa , al fogliame umido degli alpeggi, ai salici striscianti sulle rocce, il tuo cammino è nudo.
Non bastano i bastioni rocciosi che sfiori con spalle e zaino, non ti consola il sentirti così vicino all’Assoluto. Anzi proprio questa consapevolezza ti atterrisce, e l’asperità delle pietre che calpesti, la verticalità delle cime ti confonde.
Sei in balia degli elementi, sei debole contro la montagna.
Sì tutto vero...ma quando arrivi in cima, la montagna ti ripaga con il suo bellissimo panorama, e tutte le paure e le debolezze passano e ti senti padrone del mondo. Io apro sempre le braccia e poi le richiudo come in un abbraccio...come a voler rinchiudere tutto quel che vedo. Ciao ciao annamaria
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