domenica 10 ottobre 2021

Il profumo del luppolo


Un po' più di un mese fa io e Gabriella abbiamo trascorso un weekend in compagnia di amici, ex giovani dell'oratorio dove abbiamo vissuto adolescenza, gioventù, e dove abbiamo maturato la nostra decisione di vivere insieme. Riporto qui, per chi non l'avesse letto sul mensile parrocchiale, un mio articolo a commento di quell'esperienza.

Se volete potete considerarlo anche un esercizio di scrittura, dove un elemento apparentemente marginale del paesaggio diventa chiave di interpretazione della storia.




Il profumo del luppolo

Percorriamo la statale 237 che, costeggiato il lago d’Idro, risale nel cuore delle Valli Giudicarie. Con Gabriella ci confrontiamo su come potrebbe essere l’esperienza che ci accingiamo a vivere. Ritrovare amici e conoscenti in una weekend di condivisione dopo anni in cui gli incontri si limitavano a “Ciao, come va? tutto bene, ci vediamo” porta un po’ di disorientamento.

Piante rampicanti di luppolo occhieggiano ai bordi della strada.

Questa visione, come spesso accade quando mi accosto alla natura, mi induce un senso di tranquillità.




Ci incontriamo sul far della sera.

Volti, sguardi, sorrisi. Prima timidi, specie con chi non si vede da tempo, poi sempre più radiosi.

Alcuni di noi hanno trascorso una giornata da turisti, altri sono in fuga dagli impegni della settimana. I saluti si rincorrono, aggiornamenti sulla salute e sulla famiglia, le piccole disavventure del viaggio.

L’ombra si allunga verso occidente e un brivido ci costringe a indossare felpe e maglioni.

L’ampia vallata che ospita Borgo Lares, di cui Bolbeno è una frazione, si ammanta lentamente di oscurità, ma tra noi la luce di una amicizia a volte sopita riprende a splendere.




La brillante idea di invitare, dopo anni, i protagonisti delle stagioni oratoriane risalenti a decenni fa è stata accolta con entusiasmo da molti, ma catalizzatore di questa occasione di incontro è stato (monsignor) Luca Raimondi , vescovo ausiliare di Milano, ma soprattutto amico, compagno di avventure, brillante trascinatore e acuto interprete dell’anima.

Dopo cena, l’esperienza si trasforma in preghiera, e le preghiere generano esperienza, in un percorso liturgico guidato con piglio efficace da Luca, che recupera l’essenza più intima di una celebrazione comunitaria.

Ci interroghiamo su come abbiamo affrontato questo tempo di pandemia, su quale è stato il ruolo e il supporto della comunità, e chiediamo a Luca della sua esperienza di questo primo anno da vescovo.

La notte prende il sopravvento, ammantando il cielo della sua veste più brillante e la combinazione magica di malto e luppolo accompagna le chiacchiere e le risate.

Il giorno dopo ci attende un’altra luminosa esperienza.




La val di Fumo si addentra nel parco dell’Adamello-Brenta, offrendo ampie vedute, con le cime del Carè Alto a far da fondale. Con un lieve dislivello, la risaliamo costeggiando dapprima il lago artificiale, poi il torrente dalle acque che restituiscono il colore del cielo in una esplosione di riflessi.




Ammiriamo alberi e foglie, la grandezza delle rocce che ci circondano, la maestosità dell’antico larice cinquecentenario che protegge il rifugio e il particolare del fiore dell’eufrasia ai bordi del sentiero o il delicato battito d’ali di una minuscola farfalla azzurra.

Ci fermiamo a celebrare l’Eucaristia accanto al torrente che supplisce, con il suo vibrante canto, alle nostre voci fioche.

La voce di don Luca no. Il suo timbro è potente, le sue parole sovrastano la cascata, riempiono l’aria.

Egli concretizza con la voce, le espressioni, le mani che si allargano ad abbracciare i suoi amici, tutta la gente, il mondo intero, la presenza del Cristo.

Alcuni miei pensieri oggi sono costretti alla ritirata, troppo forte è la fede che Luca trasmette.

E mentre le gambe ci conducono nel percorso a ritroso sino alle macchine, le parole fluiscono. Non c’è nessuno tra noi che se ne stia in silenzio, da solo. Ci si aggiorna sui figli, sulle loro scelte di vita, su lavoro o pensione. Si confidano le ambizioni, che sono forti anche alla nostra età. Si vive la bellezza e l’emozione di ritrovarsi, si vive quella realtà imperfetta, fragile ma meravigliosa che prende il nome di comunità.




La sera ci trova ancora riuniti a parlare, concentrando l’attenzione sulla recente Proposta Pastorale dell’Arcivescovo Mario Delpini: Unita, libera e lieta, concretizzata e resa con esempi e aneddoti dalla sincera eloquenza di Luca.




La notte scorre rapida e il sole inonda le vetrate della sala da pranzo, ove si proietta, in tempo reale, l’avventura del giorno che nasce.

Nel bosco attraversato dalla strada che porta al Santuario della Madonna del Lares, dove andiamo per celebrare il ringraziamento di questo weekend speciale, ritrovo i tralci del luppolo. Le infiorescenze hanno un profumo delicato, non facile da riconoscere. L’anima racchiusa in ogni persona ha lo stesso profumo, difficile da apprezzare, perché sovrastato dalle paure, dagli egoismi, dalle debolezze.

Ecco, io credo che in questi giorni ciascuno dei partecipanti abbia mostrato un piccolo pezzo della propria anima, e apprezzato i profumi delle anime altrui.

I giorni si estinguono, si torna alle case, al lavoro, al quotidiano un po’ più forti, per aver messo al centro le relazioni che ci uniscono.




Restano nella mente e nel cuore emozioni e ricordi, e il leggero, delicato profumo del luppolo.















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Appunti
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