Questa idea dell'autoreferenzialità mi è venuta in mente leggendo un fumetto di Tex, quel Destini Incrociati da poco uscito in edicola e sceneggiato da Tito Faraci, che ne ha parlato qui. Si tratta della storia di uno scrittore/sceneggiatore/fumettista al seguito di Tex, che ne condivide alcune avventure. Ma se in campo artistico citazioni e (auto)riferimenti sono bene accetti, anzi spesso elementi di pregio o di attrazione, nel campo delle relazioni umane non si può dire lo stesso.
Si corre infatti il rischio, nel continuamente porre l'attenzione esclusiva a se stessi e al proprio gruppo di riferimento, dell'incapacità di acquisire e fare proprie istanze positive provenienti dall'esterno.
Se una società basta a se stessa, esprime una cultura/moda/costume che è continuo richiamo alla propria cultura/moda/costume, senza elementi di novità, di rottura, essa è destinata se non a scomparire, quanto meno a vedere ridimensionati i propri orizzonti.
Questo vale sia per le società, per i gruppi, per i singoli, per le famiglie, per le aziende.
Se si guarda all'evoluzione, che si potrebbe rappresentare come un lentissimo aumento della complessita` espressa dalla vita attraverso gli organismi, essa e` stimolata e a sua volta creatrice di elementi di novita`, di rottura, di passaggi da uno stato all'altro.
Il non volersi ogni volta mettere in gioco, non recepire gli stimoli esterni al nostro ambiente e anziche` rielaborarli a nostro vantaggio rifiutarli perche` destabilizzatori del proprio equilibrio, puo` alla lunga risultare deleterio, puo` portare all'estinzione.
a questo proposito ti consiglio la lettura dell'articolo Elogio del relativismo di Umberto Galimberti sull'inseto di Repubblica. ciao
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