Che la scrittura fosse il chiaro spartiacque tra il limbo della preistoria e la narrazione documentata dell'evoluzione della cultura e` noto sin dalle elementari. Concretizzare il pensiero in simboli impressi su legno, argilla, pergamena o carta ha contribuito allo sviluppo di una nuova forma di coscienza di se`. Non piu` solo come individuo, o come membro solidale di una tribu` di pochi , ma parte di una comunita` piu` vasta, di una nazione ( sino a farsi faticosamente strada la consapevolezza di appartenere ad un mondo che deve essere custodito). Che trova nella scrittura il canale per stringere legami, stabilire relazioni, coordinare azioni, pianificare sviluppi.
L'identita` di un popolo si costruisce dunque sulle consuetudini, sulle relazioni "fisiche" ma anche sulla conservazione e trasmissione della conoscenza specifica attraverso la scrittura.
Che scrivere e leggere fossero operazioni innaturali, non avevo mai pensato.
Me lo ha ricordato non la lettura di un trattato di psicologia o di linguistica, ma una pratica guida alle regole di User Interface, certo piu` confacente al mio livello culturale :-)
"Designing with the Mind in Mind" di Jeff Johnson, del 2010.
Per milioni di anni nella mente umana si sono sviluppate ed evolute delle strutture specifiche per il linguaggio, a cui contestualmente si e`aggiunta una accresciuta capacita` di fonazione. L'abilita` di parlare e` innata nella specie umana.
La scrittura e` frutto invece di una evoluzione culturale che non trova riscontro in nessuna struttura neurale. Il processo ha portato all'uso di simboli tracciati su una superficie cui attribuire significato, e successivamenta allo sviluppo di convenzioni affinche il significato dei simboli fosse universalmente accettato ( nel contesto di una societa`, quantomeno, da qui lo sviluppo di molte forme di scrittura, simbolica o fonetica).
Dalla considerazione dell'innaturalita` della scrittura deriva un pensiero che mi sembra interessante.
La parola, per sua genesi, è strettamente correlata con tutta la sfere della personalità, in particolare con quella emozionale. Infatti una conversazione o un monologo è tanto più efficace quanto più incide sulle emozioni, anche attraverso le metainformazioni associate al discorso ( informazioni visuali, quali espressioni facciali o postura , o sonore quali inflessioni, enfasi , volume della voce ). La voce colpisce la mente com una fucilata, inganna, seduce, ordina, implora. Chi sa usare la parola domina ( tristi gli esempi del passato).
Perchè invece la parola scritta entri nella coscienza è necessario uno sforzo in più, decifrare i simboli , a partire dalle linee e dalle forme, che diventano segni alfabetici, quindi pattern riconoscibili, parole e infine frasi con senso compiuto. In questa analisi poco spazio è lasciato all'emozione.
Non è un caso infatti che, di fronte ad una qualsiasi problema di un certo peso ci venga sottoposto, si cerchi di trasporre in forma scritta, magari corredato da grafici, per poter meglio analizzare tutti i suoi aspetti.
Si dice infatti che si ragiona meglio a mente fredda, ovvero depurati dal contenuto emotivo che inevitabilmente lega una conversazione.
Peraltro è comune nella narrazione che le conversazioni cerchino di replicare , anche graficamente , la fluidità e la frammentazione che avviene nella realtà, suggerendone in questo modo anche il contenuto emozionale.
Superare il muro cognitivo dell'analsi del testo e far affiorare le emozioni dalla parola scritta è abilità non comune, lavoro difficile anche per scrittori navigati.
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