"Dai! Un passo dopo l'altro!"
"Ma quanto manca?"
"Poco ancora, dai un ultimo sforzo."
"Eh, dite sempre così" "Guarda! Uno stambecco!"
"E' un camoscio, lo stambecco ha le corna lunghe e ricurve"
"Ah... posso cogliere questo fiore?"
"No, è protetto. è una Nigritella,"
"Ah .... quanto manca? Dov'è che stiamo andando?"
"Al rifugio, da lì, se non ci sono nuvole, potremo vedere le cime più belle di questa parte delle Alpi."
"Davvero?"
"Sì, la Tresenda, il Ciarfron. Adesso cammina."
"Ma sono stanco."
"Cammina"
"Mi si è slacciata una scarpa."
"Devi fare il doppio nodo. Ecco, adesso cammina."
"Ma quanto manca? Io sono stanco."
"Ma dai, non vedi come è bello qui? Non vedi che posto meraviglioso?"
"Non vedi che ragazzi meravigliosi?"
"Non vedi che ragazzi meravigliosi?"
Ai genitori che ho incontrato ieri al ritorno dal campo e che commentavano sulla fatica di seguire quasi cento ragazzi, rispondevo che in fondo è stato divertente.
Mi correggo.
Non è stato divertente, è stato bello.
Bello della bellezza di vivere nella precarietà della tenda, nella pervasività della natura, nella dipendenza del tempo.
Bello per il lavoro intenso, per la fatica che rimuove ogni altra preoccupazione, per aver vissuto tutto questo in comunità, e allora tutto è più leggero.
Bello per aver vissuto con cento ragazze e ragazzi che diventano anche un po' tuoi figli (e il tuo, di figlio, lo vedi di sfuggita per qualche istante al giorno ), con cui giochi e che rimproveri, che accudisci e proteggi.
Bello perchè alla fine ti rendi conto che, sì, ci sei andato per dare una mano, per perpetuare i valori del camminare, del vivere la montagna e la comunità, ma che in realtà , col freddo delle mattine prossime allo zero, con le nuvole che si abbassano a visitare il campo, con il dolore dei muscoli non più abituati a sforzi intensi, con la spensierata allegria che scoppietta di continuo tra i piccoli protagonisti, ecco, in effetti, il dono più grande è stato fatto a te.
Non è stato divertente, è stato bello.
Bello della bellezza di vivere nella precarietà della tenda, nella pervasività della natura, nella dipendenza del tempo.
Bello per il lavoro intenso, per la fatica che rimuove ogni altra preoccupazione, per aver vissuto tutto questo in comunità, e allora tutto è più leggero.
Bello per aver vissuto con cento ragazze e ragazzi che diventano anche un po' tuoi figli (e il tuo, di figlio, lo vedi di sfuggita per qualche istante al giorno ), con cui giochi e che rimproveri, che accudisci e proteggi.
Bello perchè alla fine ti rendi conto che, sì, ci sei andato per dare una mano, per perpetuare i valori del camminare, del vivere la montagna e la comunità, ma che in realtà , col freddo delle mattine prossime allo zero, con le nuvole che si abbassano a visitare il campo, con il dolore dei muscoli non più abituati a sforzi intensi, con la spensierata allegria che scoppietta di continuo tra i piccoli protagonisti, ecco, in effetti, il dono più grande è stato fatto a te.
sempre emozionanti i tuoi articoli, grande loris!
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