lunedì 16 novembre 2015

La rivoluzione NON digitale

Quando ci si riferisce alle scoperte, invenzioni e innovazioni tecnologiche che caratterizzano e che stanno modificando a velocità sempre più alte la nostra vita, si usa spesso termini quali "Rivoluzione Digitale, Innovazione Digitale,  e si pensa all'evoluzione in corso come ad un percorso lineare, definito inevitabile ( magari incerto solo nelle tempistiche) regolato esclusivamente da leggi quali la Legge di Moore che prevede un raddoppio delle capacità tecnologiche informatiche ogni diciotto mesi ( in verità la legge originale parla del raddoppio del numero di transistor in un dispositivo, ma anche essa, impropriamente, viene usata per indicare un qualsiasi miglioramento teccnologico).

Siamo in effetti nel pieno di una rivoluzione.
La pervasività dei sistemi di comunicazione sta cambiando le modalità di  interazione personale, Il ridotto costo dei dispositivi li rendono una commodity ( ovvero qualcosa di utile) perdendo almeno in parte la caratterizzazione di status symbol ( eccetto che per i prodotti di fascia alta e poche altre eccezioni). Quello che era straordinario, come la comunicazione video a distanza, la virtualizzazione  dello storage (tradotto: il salvataggio dei file su  server remoti di cui non sappiamo nulla), la possibilità di avere un computer potentissimo nel palmo di una mano,  è diventato d'uso comune.
Si sta imponendo l'internet delle cose, cioè l'interazione diretta via Rete tra dispositivi, con un controllo umano davvero ridotto
Ci si convince dell'efficacia della digitalizzazione del mondo, ovvero la riduzione delle sue evidenze - ciò che è percepito dai nostri sensi o dallo studio del mondo - a modelli matematici elaborabili , appunto, da calcolatori digitali.
Si prevede che tale digitalizazione sia il solo modo possibile per modellare il mondo e raicavarne le informazioni necessarie alla nostra vita.
Ma è davvero così? Davvero possiamo digitalizzare il mondo?
In fondo il mondo non è propriamente digitale.

Risultati immagini per mondo digitale

Quando si accende una lampadina si passa immediatamente da uno stato di buio ad uno stato di luce, è dunque un modo discreto ( binario, digitale) di interpretare il fenomeno luce buio.
Ma l'alba?  Quando si passa dalla notte al pieno giorno si attraversa un ininterrotta gradazione della luce solare, che è difficile discretizzare  in pochi valori numerici.  La misura della temperatura corporea ( già di per sè discretizzata, perchè non andiamo a misurare oltre i decimi di grado) quando si ha la febbre varia in modo continuo, non passa dai 36° ai 40° in un secondo.
E' solo per ragioni pratiche che assegnamo soglie e barriere e definiamo diversamente un fenomeno a seconda del fatto  che stia al di là o al di quà di tale soglia.
( Qui non mi addentro nella meccanica quantistica - che peraltro non conosco - dove la discretizzazione assume altri significati )
I sensori che misurano le grandezze fisiche devono essere in grado di discriminare le variazioni di tali grandezze ( analogiche) e solo successivamente, per ragioni di utilizzo, assegnare a tali variazioni valori numerici in cifre ( digit, in inglese, da qui digitale ).
In questa rivoluzione che vede dispositivi elettronici sempre più pervasivi e dedicati a supportare la nostra vita quotidiana ( domotica, automotive, smart city, etc. )  la differenza non è dunque data  dalla moltiplicazione delle capacità di calcolo, dall'aumentare la potenza dei calcolatori, ma dalla abilità nel "leggere" e interpretare il mondo.
Il modello della legge di Moore non è più sufficiente.

Già da tempo l'azienda in cui lavoro lo ha capito. Integrare in un solo sistema capacità di calcolo (digitale) e sensori o regolatori del mondo esterno ( analogico e spesso con potenze molto più alte di quelle abitualmente in gioco in un calcolatore)  è stata una sfida che sin dagli anni ottanta si è giudicata di fondamentale importanza. Grazie ad uno dei pionieri della microelettronica, Bruno Murari ( anche  inventore e promotore di un'altra classe di strumenti i MEMS, i giroscopi e gli accelerometri che popolano i nostri smartphone), una tecnologia che comprendesse tutti questi aspetti si è diffusa con crescente interesse e oggi, benchè quasi quarantenne, si dimostra fondamentale per superare gli ostacoli di interazione con il mondo esterno che sono la chiave di svolta della nuova elettronica, più vicina all'uomo.

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