Se c'è un ambito in cui spesso coltivo pregiudizi, è quello letterario.
Forse perchè temo di ricevere delusioni o perchè, considerato il tempo limitato a disposizione della lettura di narrativa ( prediligendo in questo periodo testi tecnici o di saggistica - il mio ultimo acquisto è Architettura dell'Informazione, non proprio una storia avventurosa ), preferirei andare sul sicuro.
Inoltre, intorno all'aggettivo "letterario" ruota una certa ingessatura di modi, abitudini, slang e incensazioni che al confronto le recensioni al TG di Vincenzo Mollica sembrano invettive diaboliche.
Troppa pseudo-cultura portata in palmo di mano solo perchè declinata su un supporto cartaceo, troppa gente che si prende sul serio per aver pubblicato una decina di poesie e troppi disposti a dar loro credito, abbagliati dal biancore della carta di libricini costati, in sangue sudore e lacrime, e pure soldi, molto di più del prezzo di copertina.
( a scanso di equivoci, sono stato anch'io ammaliato da questa illusione)
Visto che però i pre-giudizi ( che provengono dalla capacità predittiva del cervello, e qui sarebbe interessante aprire un'altra bella parentesi ) si dimostrano il più delle volte fallaci, amo anche vedere smontata la forma-mentis costruita intorno ad un autore o ad un titolo, che si rivelano meglio di come apparissero ai miei occhi distorti, e che a volte diventano vere e proprie pietre miliari nella (supposta) crescita del mio pensiero.
E' accaduto con Marco Erba e il suo "Fra me e te", originariamente disponibile in ebook, ma a breve nelle librerie in versione cartacea, e anche in parte con Michela Murgia e il suo Accabadora.
Accadde anche con Sara Rattaro, di cui avevo sentito parlare molto bene, ma che non avevo ancora affrontato, frenato forse da una immagine pubblica un po' troppo uniformata al mercato, come con le copertine più recenti, troppo uguali a molte altre del genere sentimentale, dignitosissimi lavori che però non mi fanno nè caldo nè freddo.
Poi mi imbatto in "Non volare via" e naturalmente i pregiudizi si dissolvono.
Una scrittura che scava nell'animo dei personaggi, con linguaggio chiaro ma non banale, la percezione di un sistematico studio delle problematiche che narra. Una visione introspettiva alternativamente assegnata ai protagonisti, che in questo modo conducono una narrazione derivata, come per tutti i romanzi della Rattaro dall'ascolto della testimonianza di storie vere.
Se gli si può ascrivere un difetto, forse è quello di una certa staticità negli accadimenti, un dilungarsi nelle profondità delle introspezioni anche quando potrebbe essere opportuno "far scorrere" il racconto.
L'evento di domenica scorsa, la presentazione magistralmente condotta dalla spumeggiante Loredana Limone del libro di Sara "Niente è come te" ha confermato (così come a mia moglie, che ha "l'occhio lungo" sulle tematiche sociali) che la potenza narrativa dei lavori di questa autrice derivano, oltre che dall'ascolto, da un grosso lavoro di studio e ricerca condotto con metodo scientifico e dall'umiltà di sentirsi, come autrice, a servizio della storia. Non viceversa.
Anche grazie a scrittrici come lei la narrazione "di finzione" riguadagna un ruolo non solo di intrattenimento, ma di denuncia e di strumento per affinare quella facoltà spesso dimenticata, che si chiama pensiero.
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