martedì 28 dicembre 2021

Le storie, più che la Storia

 Mi capita sovente, specialmente quando parlo del Progetto Madreselva, di ribadire il fatto che più che la Storia, quella  che muove i destini del mondo, che ne segna progressi e sconfitte, mi interessano le storie, quelle degli uomini semplici, anche mediocri, che nel  quotidiano cercano di rendere concreto il proprio destino,  costruendolo anche a dispetto dei grandi movimenti che la Storia fa. 

Pertanto non è corretto dire, a proposito di personaggi del calibro di Cesare, Alessandro Magno, Napoleone, Hitler, che hanno fatto la Storia, perché ogni uomo, a prescindere dal suo stato, dal suo censo, dalla sua età, realizza un pezzo di storia.

E la Storia dei piccoli è scrigno di storie. 

Pertanto plaudo agli sforzi che associazioni, gruppi, singoli fanno per mantenere viva la storia di un territorio, di una città, di persone che hanno intracciato le loro vite con quelle di altri. 

Di grande utilità per il mio progetto sono i documenti pubblicati dal Centro Storico Culturale Valle Brembana "Felice Riceputi" una associazione che da quasi vent'anni promuove la ricerca storica delle valli orobiche.  Un grande lavoro di volontariato che tiene viva la memoria di luoghi dalle antiche radici.

Tra gli amici, mi piace citare uno che è rimasto nel cuore di molti cernuschesi, anche ora che da molti  decenni, è pientino al 100%. Antonio Mammana  da tempo raccoglie testimonianze sul passato rurale della val d'Orcia, legando in questo modo a filo doppio il presente con la storia della propria terra.

Più vicino a casa c'è Sergio Pozzi, appassionato fotografo, che ha congelato innumerevoli attimi di vita nelle fotografie.  Da tempo raccoglie e pubblica selezioni di immagini che identificano momenti storici visti "dal basso", dalle esperienze di donne e uomini. Sono volumi importanti, nel contenuto e nel numero di immagini, che portano i più nostalgici a commuoversi, i figli a sorprendersi per come erano giovani i propri genitori, e i nipoti a stupirsi per come fosse diversa la realtà, i luoghi, le persone che  oggi stanno vivendo loro.

"Figli di nessuno" è il suo ultimo lavoro, realizzato insieme all'amico Lucio Assi.  Una carrellata  di lettere scambiatesi tra amici,  ragazzi dell'oratorio all'epoca dei loro vent'anni ( gli anni intorno al 1967), accompagnate da molti documenti di vario tipo e tanto, tanto materiale fotografico.

E se possiamo perdonare a Sergio e Lucio un certo affastellamento di contenuti, che qualche volta non facilita la lettura, e sottointesi comprensibili solo a chi ha vissuto quanto si sta narrando, resta il valore assoluto di un lavoro  utile alle generazioni che verranno.

Mi immagino i giovani fra un decennio, rovistando negli armadi della Segreteria SACER, imbattersi in un libro del Sergio e ammirare, tra lo stupore e la curiosità,  i giovani di allora, quelli che senza troppo clamore hanno fatto la storia del nostro oratorio, della nostra città. 




giovedì 2 dicembre 2021

La campagna di crowdfunding per Madreselva è iniziata!

  La campagna di crowdfunding organizzata dall'editore bookabook per  Madreselva è iniziata!

Come potrai immaginare sono piuttosto emozionato nell'affrontare questa sfida che si esprime in una modalità innovativa e vede il tuo coinvolgimento.
Le campagne di crowdfunding si basano sul finanziamento diffuso di chi è interessato al prodotto e ne prenota uno o più copie.
Se ti interessa il progetto puoi fare una prenotazione fino a un massimo di 5 copie, seguendo questo link.       
Potrai così scaricare la versione in pdf del manoscritto, per una lettura in anteprima.


martedì 2 novembre 2021

L’idea di innovazione non passa (sempre) dalla tecnologia


Controcorrente 

L’idea di innovazione non passa (sempre) dalla tecnologia


E' pensiero comune che l’innovazione debba passare sempre da un avanzamento tecnologico, da una incremento della complessità del sistema, o dalla definizione di nuovi mercati o utilizzatori. Certamente questi fattori sono scatenanti per molte innovazioni, ma non sempre sono necessari alla riuscita di un percorso innovativo.

Un’idea, anche brillante, non può trasformarsi in innovazione se si limita a esplorare oltre i limiti determinati dai prodotti, servizi, soluzioni attuali, senza aver bene presente le implicazioni sociali, oltre che di mercato, che questa nuova idea porta con sé.

Al netto delle competenze tecniche e organizzative, è proprio la visione del mondo e l’identificazione delle possibili strade che un’innovazione può percorrere a determinarne o meno il successo.

Esemplare in questo senso è la storia di VAIA, una startup nata dal dramma dell’ottobre 2018 , quando una tempesta di proporzioni catastrofiche, con venti sino a 200 km/h distrusse decine di migliaia di ettari di foresta. 

L’intuizione dei fondatori fu quella di  creare:

  • un prodotto utile, una cassa amplificatore passiva, dai suoni caldi ottenuti dal legno di abete rosso. 

  • un oggetto di design, un cubo che esalta la naturalità del legno

  • un simbolo di rinascita, dato che associato all’acquisto c’è la piantumazione di un nuovo albero.

L’apporto tecnologico è sul processo, sul marketing, mentre le competenze artigianali e di design realizzano un prodotto originale e facilmente identificabile.

I creatori del progetto VAIA hanno saputo trovare un punto di convergenza tra impatto sociale, presenza nel marketing, sostenibilità e inventiva: la ricetta perfetta dell’innovazione.






domenica 10 ottobre 2021

Il profumo del luppolo


Un po' più di un mese fa io e Gabriella abbiamo trascorso un weekend in compagnia di amici, ex giovani dell'oratorio dove abbiamo vissuto adolescenza, gioventù, e dove abbiamo maturato la nostra decisione di vivere insieme. Riporto qui, per chi non l'avesse letto sul mensile parrocchiale, un mio articolo a commento di quell'esperienza.

Se volete potete considerarlo anche un esercizio di scrittura, dove un elemento apparentemente marginale del paesaggio diventa chiave di interpretazione della storia.




Il profumo del luppolo

Percorriamo la statale 237 che, costeggiato il lago d’Idro, risale nel cuore delle Valli Giudicarie. Con Gabriella ci confrontiamo su come potrebbe essere l’esperienza che ci accingiamo a vivere. Ritrovare amici e conoscenti in una weekend di condivisione dopo anni in cui gli incontri si limitavano a “Ciao, come va? tutto bene, ci vediamo” porta un po’ di disorientamento.

Piante rampicanti di luppolo occhieggiano ai bordi della strada.

Questa visione, come spesso accade quando mi accosto alla natura, mi induce un senso di tranquillità.




Ci incontriamo sul far della sera.

Volti, sguardi, sorrisi. Prima timidi, specie con chi non si vede da tempo, poi sempre più radiosi.

Alcuni di noi hanno trascorso una giornata da turisti, altri sono in fuga dagli impegni della settimana. I saluti si rincorrono, aggiornamenti sulla salute e sulla famiglia, le piccole disavventure del viaggio.

L’ombra si allunga verso occidente e un brivido ci costringe a indossare felpe e maglioni.

L’ampia vallata che ospita Borgo Lares, di cui Bolbeno è una frazione, si ammanta lentamente di oscurità, ma tra noi la luce di una amicizia a volte sopita riprende a splendere.




La brillante idea di invitare, dopo anni, i protagonisti delle stagioni oratoriane risalenti a decenni fa è stata accolta con entusiasmo da molti, ma catalizzatore di questa occasione di incontro è stato (monsignor) Luca Raimondi , vescovo ausiliare di Milano, ma soprattutto amico, compagno di avventure, brillante trascinatore e acuto interprete dell’anima.

Dopo cena, l’esperienza si trasforma in preghiera, e le preghiere generano esperienza, in un percorso liturgico guidato con piglio efficace da Luca, che recupera l’essenza più intima di una celebrazione comunitaria.

Ci interroghiamo su come abbiamo affrontato questo tempo di pandemia, su quale è stato il ruolo e il supporto della comunità, e chiediamo a Luca della sua esperienza di questo primo anno da vescovo.

La notte prende il sopravvento, ammantando il cielo della sua veste più brillante e la combinazione magica di malto e luppolo accompagna le chiacchiere e le risate.

Il giorno dopo ci attende un’altra luminosa esperienza.




La val di Fumo si addentra nel parco dell’Adamello-Brenta, offrendo ampie vedute, con le cime del Carè Alto a far da fondale. Con un lieve dislivello, la risaliamo costeggiando dapprima il lago artificiale, poi il torrente dalle acque che restituiscono il colore del cielo in una esplosione di riflessi.




Ammiriamo alberi e foglie, la grandezza delle rocce che ci circondano, la maestosità dell’antico larice cinquecentenario che protegge il rifugio e il particolare del fiore dell’eufrasia ai bordi del sentiero o il delicato battito d’ali di una minuscola farfalla azzurra.

Ci fermiamo a celebrare l’Eucaristia accanto al torrente che supplisce, con il suo vibrante canto, alle nostre voci fioche.

La voce di don Luca no. Il suo timbro è potente, le sue parole sovrastano la cascata, riempiono l’aria.

Egli concretizza con la voce, le espressioni, le mani che si allargano ad abbracciare i suoi amici, tutta la gente, il mondo intero, la presenza del Cristo.

Alcuni miei pensieri oggi sono costretti alla ritirata, troppo forte è la fede che Luca trasmette.

E mentre le gambe ci conducono nel percorso a ritroso sino alle macchine, le parole fluiscono. Non c’è nessuno tra noi che se ne stia in silenzio, da solo. Ci si aggiorna sui figli, sulle loro scelte di vita, su lavoro o pensione. Si confidano le ambizioni, che sono forti anche alla nostra età. Si vive la bellezza e l’emozione di ritrovarsi, si vive quella realtà imperfetta, fragile ma meravigliosa che prende il nome di comunità.




La sera ci trova ancora riuniti a parlare, concentrando l’attenzione sulla recente Proposta Pastorale dell’Arcivescovo Mario Delpini: Unita, libera e lieta, concretizzata e resa con esempi e aneddoti dalla sincera eloquenza di Luca.




La notte scorre rapida e il sole inonda le vetrate della sala da pranzo, ove si proietta, in tempo reale, l’avventura del giorno che nasce.

Nel bosco attraversato dalla strada che porta al Santuario della Madonna del Lares, dove andiamo per celebrare il ringraziamento di questo weekend speciale, ritrovo i tralci del luppolo. Le infiorescenze hanno un profumo delicato, non facile da riconoscere. L’anima racchiusa in ogni persona ha lo stesso profumo, difficile da apprezzare, perché sovrastato dalle paure, dagli egoismi, dalle debolezze.

Ecco, io credo che in questi giorni ciascuno dei partecipanti abbia mostrato un piccolo pezzo della propria anima, e apprezzato i profumi delle anime altrui.

I giorni si estinguono, si torna alle case, al lavoro, al quotidiano un po’ più forti, per aver messo al centro le relazioni che ci uniscono.




Restano nella mente e nel cuore emozioni e ricordi, e il leggero, delicato profumo del luppolo.















martedì 8 dicembre 2020

Leggere Guardare, Pensare, Progettare

 


Da tempo avevo sentito parlare di questo volume, Guardare, Pensare, Progettare di Riccardo Falcinelli (ed. Stampa Alternativa&Graffiti) come di uno strumento indispensabile per i designer industriali.  Pensavo che forse avrebbe potuto dire qualcosa al progettista in genere, non solo a chi si occupasse di estetica, ergonomia, usabilità, ma anche a chi avesse a che fare con progettazione circuitale, meccanica, e in tutte le scienze applicate.

Avuta la possibilità di leggerlo, mi sono reso conto che gran parte dell'attenzione è dedicata a come la nostra mente interpreta ciò che vede, come il cervello attiva i suoi neuroni per interpretare la realtà e le sue rappresentazioni umane.  Questo, che potrebbe apparire come un esercizio di erudizione, è invece requisito necessario a comprendere quelle regole pratiche che guidano ad esempio l'attività del visual designer (che si trovano  racchiuse in libri  molto pratici quali "Don't make me think" di Steve Krug, per esempio).

Sul finire della lettura, mi sono chiesto cosa avrei potuto  ricordare che fosse utile a fortificare l'esperienza di progettazione. Credo almeno alcuni temi.

1) La relazione con il mondo. Falcinelli dice: "Credo che il mondo non sia fatto per essere guardato ma per essere usato, cioè per entrarci in relazione, per chiederci cosa ci possiamo fare."  Ho incontrato spesso e da parti diverse il tema della relazione. E' una condizione per l'esistenza sotto diversi aspetti, da quello fisico ( qui torno a quello che dice Carlo Rovelli, ma è la teoria dei loop nell'ambito della meccanica quantistica che ce lo dice, che "questi quanti di spazio, particelle elementari, fotoni, quanti di gravità non vivono immersi nello spazio, formano essi stessi lo spazio. [...] interagiscon incessantemente gli uni con gli altri, anzi esistono solo in quanto termini di incessanti interazioni"-C.Rovelli, L'ordine del tempo), a quello sociale.

Chi è chiamato a progettare  finanche un pezzo meccanico, pur dovendo confrontarsi con le tecniche, le leggi scientifiche che  regolano i fenomeni che intende controllare,  non può prescindere dal fatto che ogni risultato del suo lavoro è in funzione di un progresso, un miglioramento della condizione umana (vi dice niente il termine innovazione?)

2) C'è differenza tra percezione della realtà e Realtà. il nostro sistema sensoriale combinato con il cervello svolgono ogni decimo di secondo interpretazioni accurate del mondo in cui siamo immersi.  A volte però cadono in errore. 

I due segmenti orizzontali hanno la stessa lunghezza,
ma percepiamo quello in alto più lungo.

3) "Guardare consapevolmente è già pensare; e pensare consapevolmente è già progettare. Guardare, pensare, progettare sono così aspetti senza soluzione di continuità tra loro." 

4) Il designer è un artigiano consapevole, che continuamente si fa domande sul suo operato. Questo è il punto che più di ogni altro possa davvero rappresentare l'essenza del processo mentale che è racchiuso nella parola 'progettare'.  Un atto che coinvolge sensi e cervello, cultura e immaginazione e che sempre percorre quel ponte che sta tra tecnologia e umanità.

 


sabato 14 novembre 2020

Note a margine di due letture consecutive: "Bianco" di Laura Bonalumi e "Città d'argento" di Marco Erba


 Ho da pochi giorni letto in sequenza due romanzi, "Bianco" di Laura Bonalumi, e "Città d'Argento" di Marco Erba. Nonostante in entrambi (più evidente in quello di Laura) trasparisse l'intento di rivolgersi a un pubblico giovane, i cosidetti Young Adults, sono rimasto fortemente colpito.

Dopo "Bianco" sono andato a rivedermi il film catastrofico "The Day after Tomorrow", mentre "Città d'argento" mi ha tolto il sonno per un paio di notti ( per un'ora buona, poi sono crollato.

Con l'intento di scrivere questa nota, ho cercato di capire  cosa avessero in comune questi due testi, oltre al fatto che gli autori sono (miei) concittadini e legati a me da vincoli di parentela ( Laura) e amicizia (entrambi).

[Digressione n°1: non è difficile a Cernusco conoscere qualche autore di romanzi o saggi. Ne siamo pieni. A puro titolo di esempio illustri rappresentanti sono stati la spumeggiante Loredana Limone, con la sua saga di Borgo Propizio. e il professore Giorgio Perego, fine narratore di storia locale. ]

Insomma, forse un paio di temi possono essere usati per presentare queste due opere.

Il primo è la speranza.

In "Bianco" essa è la trave che sostiene tutta la narrazione.

I protagonisti agiscono guidati dalla speranza che alla catastrofe segua l'armonia, pur con equilibri differenti a quelli cui si erano abituati

In "Città d'argento" si coltiva la speranza nell'essere umano, che sia in grado di imparare dai propri errori e di non cedere agli impulsi distruttivit ma coltivi il senso della pace e dell'appartenenza a una unica famiglia umana.

[Digressione n° 2: Città d'argento esordisce come un classico romanzo per adolescenti, con adolescenti come protagonisti e con  i classici problemi degli adolescenti. A un certo punto, però  cambia registro, la tensione sale, e il finale consolatorio non basta a cancellare le immagini delle atrocità descritte e documentate storicamente.]

Il secondo tema è quello delle interazioni. L'esistenza degli  esseri umani non può prescindere dalle interazioni gli uni con gli altri. La realtà stessa dell'universo è interazione ( semplificando molto, ma molto, le lezioni di Carlo Rovelli). 

Nelle conseguenze emotive delle relazioni con le persone si ritrova il senso delle storie raccontate. 

Nella capacità che ha la pagina scritta di indurre emozioni sta la bellezza del leggere.


Appunti
Commento sul mio taccuino ( cartaceo e in web) gli argomenti che di volta in volta mi sembrano più interessanti, con un obiettivo semplice: cercare di migliorare e rendere più chiara la mia visione del mondo. E se questo può aiutare anche voi, ne sono felice.