martedì 6 ottobre 2009

L'arte della manutenzione della bicicletta

Beppe Severgnini, su Twitter, scrive: Tanti vendono biciclette, nessuno le ripara. L'Italia continua a preferire l'inaugurazione alla manutenzione.
Si tratta naturalmente di una metafora, ma colgo la palla al balzo, perche` e` da un po' di tempo che vado considerando le condizioni per lo stabilire una cultura della bicicletta

(Premessa: non sono particolarmente legato ad una ideologia che mitizzi la bicicletta come alternativa all’auto - per intenderci, per fare i sette chilometri e mezzo che mi separano dal posto di lavoro uso l’auto, anche se da un po’ medito sulla possibilita` di acquisto di uno scooter. Pero` per gli spostamenti locali sono convinto che la bici sia il mezzo piu` intelligente, piu` razionale, piu` economico che l’uomo abbia sinora inventato )

Alcune considerazioni:
  1. l'evoluzione della bicicletta, se comparata con l'elettronica o anche con l'auto, e` molto lenta, o quantomeno ne e` lenta la diffusione capillare e a basso costo ai consumatori. Questo sia per ragioni ergonomiche ( il nostro corpo e` fatto come e` fatto, e non e` che puoi fare, ad esempio, i pedali piu` lunghi della gamba ) sia per il fatto che non ci sono grandi interessi multinazionali che spingono per una economia basata sul trasporto a trazione umana.
  2. Nonostante tutti gli sforzi lungimiranti di pochi, anche nelle citta`, che trarrebbero giovamento da un sistema integrato pubblico- trazione umana, anche tra quelli che la bici la usano per i piccoli spostamente, la cultura prevalente e` quella dell'auto.
  3. Le critiche piu` sonore a questo sistema arrivano come sempre dalle frange estreme che, se pure nel giusto, hanno un difetto insito proprio nell'estremizzazione del problema: il modello risolutivo non puo` essere seguito dalla media della popolazione.
  4. Come sempre, l'Europa e` decine di anni piu` avanti di noi.
Che fare, dunque?
I percorsi giusti non sono quelli che prendono scorciatoie, e il diffondersi di una cultura alternativa trova ostacoli ogni secondo, per i modelli di consumo che, crisi o non crisi, primeggiano sull'orizzonte mediatico . Quello che anche i "moderati" possono fare e` chiedere alle amministrazioni di pensare alla viabilita` alternativa non solo in termini di chilometri di piste ciclabili, ma di effettiva fruizione dei percorsi e loro effettiva utilita` ( per intendersi, un esempio : per chi conosce Cernusco, vi pare mai possibile che un ciclista che da piazza Gavazzi debba raggiungere via Monza sia costretto a fare tre chicane , di cui due almeno a curva cieca, con il rischio di andare a investire un ciclista o un pedone proveniente dal senso opposto? oppure, come si pensa di risolvere l'incrocio via Marcelline, via Manzoni, con flussi contrapposti di auto e bici? ). E` quello che intendo chiedere all'amministrazione: non solo progettare sulla carta, ma sperimentare in bici i percorsi, e progettare tenendo conto che e` l'uomo, non l'auto, il soggetto a cui le opere urbanistiche devono servire. Mi auguro poi, nello specifico della nostra citta`, che il futuro Piano di Governo del Territorio possa recepire e fare propria una cultura di mobilita` sostenibile.

1 commento:

  1. Autocommento con citazione:
    dal Resoconto del Focus Group su Ambiente e Mobilita` - preparazione del PGT di Cernusco s/N, del 2 dicembre 2008:

    Rispetto alla mobilità ciclabile, infine, l’esigenza emersa è quella di rendere i
    percorsi funzionali rispetto agli spostamenti sistematici (percorsi casa-scuola,
    casa-lavoro,...) e rispetto ad elementi attrattori (ad esempio, la metropolitana),
    anche in riferimento ai territori limitrofi


    L'augurio che concretizzare questi aspetti non sia solo un esercizio di urbanistica, ma una concreta applicazione sul campo delle buone intenzioni espresse.

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Appunti
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