venerdì 17 dicembre 2010

Stelle di Natale: conclusioni e racconto

Interessante la serata di ieri sera: ha donato molte emozioni al pubblico presente e nonostante fosse stata preparata molto in fretta, come tutta questa prima edizione del concorso, organizzata in meno di due mesi - il primo mio post su FB  che avvisava del concorso risale al 21 ottobre, tutto ha "girato" quasi senza intoppi.
Forse solo quella campana tibetana ha suonato per qualche secondo di troppo.
Comunque complimenti ai vincitori e a tutti i partecipanti. 
In attesa che si trovi il modo di pubblicare tutti i lavori vincitori, inizio con quello di mio figlio - che non ha goduto del mio voto, beninteso,  essendomi naturalmente astenuto da quella votazione.
Che poi piu` che il premio, c'era la soddisfazione di essere letto, che e` la cosa principale per uno scrittore, anche in erba ( nessun riferimento al terzo classificato ;-) 


Eccovi dunque il racconto di Nicolo`, che mi pare anche un ottimo augurio di Buon Natale.




Olsen Olsen*

Era certo di non essere mai stato in quel luogo, per quanto gli sembrasse di riconoscerlo. Ma era tutto così mutevole, isolato dalla realtà, nulla rimaneva definito. Un vortice di sensazioni, entità vaganti nell'aria lo bersagliavano.
Vide un piccolo sentiero di terra battuta, infinitamente lungo.
Si mise in cammino.

All'improvviso un gelido vento gli sferzò sul volto; il paesaggio era cambiato, una fitta nebbia, una di quelle che portano profumi di altre ere, aveva ammantato un pontile. Le barche, dalle candide vele, si aggiravano come presenze oniriche nel mare di foschia.

“Buongiorno, giovanotto!” disse una profonda voce alle sue spalle. Proveniva da una figura umana  indistinta, pareva grassa, con un po' di pancetta. Ma non era sicuro.
“B-buongiorno!” rispose con un misto tra timore e reverenza.
Osservò la figura che si confondeva nei flutti della nebbia. Indossava un gilet vittoriano, col tipico cipollotto nel taschino.. No! Aveva una camicia hawaiana, anzi da boscaiolo. O era un cappotto invernale? Per quanto si sforzasse non riusciva a focalizzare il vestiario dell'uomo. Se uomo era.
“Beh? Dobbiamo star qua fino al giorno dell'Har-Mageddon o vuoi chiedermi cosa ci fai qui? Ti consiglio la seconda opzione visto che ho l'agenda abbastanza impegnata ancora per qualche eternità!”
“Chi sei?” chiese. “Domanda sbagliata, comunque dovresti saperlo.”
La figura si spostò lungo il pontile facendo roteare il bastone da passeggio. Era certo che prima non l'avesse.
Seguì quell'entità sopra le scricchiolanti assi di legno; decise che tanto valeva porgli la domanda: non sapeva che altro fare.
“Bene, allora mi potresti dire cosa ci faccio qui? Magari senza tanti misteri!”
“Sei qui perché tutti quelli nella tua condizione ci passano, o perlomeno in un luogo simile. Alla fine è l'idea che conta, non la forma.”
“Sì, ma quale sarebbe la mia condizione?” chiese. “Davvero non te lo ricordi? Guarda nel tuo subconscio, non posso aver fatto errori.” “Comunque sia ho una proposta per te, vorrei farti un regalo, un regalo speciale visto che oggi è un giorno a me caro: puoi tornare indietro.” Era titubante, non sapeva se accettare. “Avanti cosa c'è?” “Ohibò, cosa vuoi che ci sia avanti? C'è il futuro, ma anche l'incertezza! E molte altre cose belle, ma non mi sembri pronto.” Era indeciso. “Non so, non ho ancora capito chi tu sia per poter far questo!” “Oh, ragazzo mio. Certo che sei proprio un po' tocco. Ti rimando indietro, lo vuoi,  te lo leggo negli occhi.”
L'essere mosse le mani come se stesse tirando dei fili e una neve copiosa cadde immediatamente.
Vortici di fiocchi si scontravano tra loro come elettroni impazziti, il vento soffiava e lui non sapeva dove aggrapparsi.

Non lo vedeva più. Qualcosa lo sollevò da terra con dei risolini. Una decina di fate l'avevano preso e lo stavano buttando nel cuore della tormenta. Poi più niente.

Si risvegliò, tutto era bianco intorno a lui. Era in una camera d'ospedale.
“Buon Natale, caro!”, gli disse la moglie in lacrime.


*titolo di una canzone dei Sigur Rós dall'album Ágætis byrjun, che ha ispirato l'autore per il racconto. Il titolo e il testo sono in Vonlenska, una lingua inventata, fatta di sillabe senza un significato preciso. E' usato perlopiù usate per trasformare la voce in uno strumento musicale. E' vivamente consigliato l'ascolto durante la lettura.

Nicolo` Navoni

1 commento:

  1. Bene e ok per ieri sera. Un tentativo "pluriculturale" in questo deserto di città. Pur con tutti i se e i ma possibili, m'attorciglia un filone di amarezza: i pensierini dei ragazzi davvero deludenti verso i quali, forzando la memoria, raccolgo poco o nulla. Che infanzia ricorderanno?

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Appunti
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