martedì 2 settembre 2008

Il profumo del pane

Alla riapertura di un nuovo anno pastorale, alcune considerazioni sui sacerdoti che si occupano dei ragazzi e dei giovani.

Il profumo del pane

Se vuoi costruire una barca,
non radunare uomini per tagliare legna,
dividere i compiti e impartire ordini,
ma insegna loro la nostalgia
per il mare vasto e infinito.
(A.de S.Exupery )


Cosa chiediamo noi laici ad un sacerdote?
Che ci accompagni e guidi nel percorso spirituale e anche umano, essendo questi due aspetti della vita tra loro inscindibili, qualunque cosa dicano a tal proposito molti laicisti.
Cosa chiediamo dunque ad un sacerdote che segue i nostri figli?
Che siano date a loro le nostre stesse opportunità di crescita, commisurate con l’età e in armonia con le offerte delle altre “agenzie” formative ( famiglia, scuola, associazioni sportive ).
Questo non significa quindi solo dare i fondamenti del catechismo e qualche nozione di etica, ma far crescere nei ragazzi la voglia di scoprire e comprendere , attraverso lo studio e la vita vissuta, gli insegnamenti di Cristo.
È una sfida per certi versi più ardua di quella di un parroco ( e non ce ne vogliano i nostri parroci, specie in questi giorni impegnativi ).
A quest’ultimo è richiesto di impastare il pane della fede, e non è impresa da poco.
Ai preti dell’oratorio è invece richiesto di crearne il profumo, quel profumo che, appena avvertito, fa venire appetito, fame di verità e di Dio.
È chiesto di creare generazioni non solo di cristiani, perché sono molti quelli che durante il cammino prendono altre strade, ma di donne e uomini attenti, tolleranti e decisi a lavorare con passione per il bene comune.
Per questo abbiamo sempre apprezzato i preti dell’oratorio, e non solo quelli di Cernusco.
Li abbiamo visti, spesso freschi di ordinazione sacerdotale, affrontare orde di ragazzini che chiedono non solo di poter giocare in oratorio, ma di giocare insieme. Ragazzini che, non sapendolo, cercano un modello di riferimento, e che trovano nel prete un esempio positivo e il punto fermo intorno al quale fare ruotare le prime esperienze di comunità e di responsabilità.
E se in questo percorso le difficoltà e le incomprensioni non mancano, se l’umiltà di riconoscere i propri errori non è facile da trovare e se qualche polemica disturba le relazioni personali, ciò non ci deve far perdere di vista lo scopo principale, l’educazione dei ragazzi.
Per questo ringraziamo i don che si sono susseguiti, don Angelo, don Danilo, don Paolo, per limitarci solo ai più vicini alla esperienza nostra e dei nostri figli.
Per questo ringraziamo don Andrea, che con il suo vulcanico entusiasmo sta offrendo alle generazioni dei nostri figli grandi opportunità di crescita attraverso prove e assunzioni di responsabilità, propedeutiche a ben più grandi sfide nell’avventura della vita.

Gabriella e Loris Navoni

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