C'è un fraintendimento nella visione del rapporto tra scienza e le arti, la letteratura in particolare, quasi che siano due mondi incompatibili e che tali debbano restare. La frattura tra umanesimo e tecnologia è creata arbitrariamente da chi vorrebbe stabilire un primati di uno dei due approcci al mondo, quasi che il presunto prestigio si rifletta su chi con questi ambiti ci organizza la vita.
Eppure, la letteratura è governata da leggi scientifiche, in almeno un paio di modi:
Eppure, la letteratura è governata da leggi scientifiche, in almeno un paio di modi:
1) la conoscenza del mondo, incrementata mediante le scoperte scientifiche, allarga gli orizzonti del pensiero umano e della sua narrazione
Se è vero, ad esempio, che si può parlare degli astri in senso poetico, come di elementi di sfondo delle vicende umane, così come Leopardi fece,
Che fai tu, luna in ciel? dimmi, che fai,
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi ...
il progresso scientifico e tecnologico portò a considerare l'universo conosciuto in altri termini, e storie nuove e differenti furono e sono attualmente possibili
2001 Odissea nello spazio precedette di pochissimi anni lo sbarco sulla Luna |
2) il secondo motivo che mi preme maggiormente discutere è la considerazione che scrivere e narrare è un processo comunicativo,e come tale soggiace a leggi di vario tipo ( logiche, matematiche, sociologiche, etc. )..
Dalle mie letture, che sarebbe troppo pretestuoso chiamare studi, anche se ambirei ad approfondire di più di quanto non riesca, comprendo che i paradigmi della comunicazione, le sue leggi e considerazioni si possono applicare a quasi tutti gli aspetti di relazione, umana, ma anche animale e persino tra oggetti inanimati.
Tra i molti suggeritimi dalla magistrale Luisa Carrada, con il suo blog pietra miliare della comunicazione scritta , il libro Progettare la Comunicazione di Leonardo Romei, contiene un punto a mio parere chiave per comprendere veramente il ruolo della letteratura nel nostro contesto.
Egli afferma che "un libro, durante la sua fruizione si trasforma nei pensieri e negli stati d'animo verso cui mi ha condotto, in altri termini ha delle conseguenze, più che avere una storia."
Una affermazione peraltro autoreferenziale, perchè ha scritto un libro per ottenere degli effetti ( uno di questi è rappresentato dal post che state leggendo), e che trovo confermata ripensando ad alcune storie lette, di cui non ricordo pienamente la trama, ma che hanno lasciato tracce nei miei gusti e nelle mie scelte.
E perchè questi effetti siano anche efficaci, ovvero raggiungano lo scopo che l'autore si era prefisso, occorre che la comunicazione per produrli sia accuratamente progettata.
Traslando nel mondo della narrativa, si scopre dunque che non è un processo che dà libero sfogo alla fantasia, quello necessario alla costruzione di una storia, ma una accurata architettura costruita intorno a una o più idee.
Alcune delle tecniche che si applicano alla narrativa sono evidenti ( basti pensare al cliffhanger, quel modo di lasciare in sospeso una storia quasi conclusa per invitare i lettori ad acquistare il prossimo volume), altre sono più raffinate e non immediatament percepibili. E tuttavia, nell'articolazione di un personaggio, nell'omettere informazioni o rilasciarne goccia a goccia sta la preparazione tecnica ( magari pure inconscia) di un autore.
Imbattersi in un cliffhanger può essere frustrante, a volte |
I neofiti e gli amatori non si illudano: i pensieri sparsi e in libertà non costruiscono una buona pagina, magari giusto un accozzaglia di intuizioni, anche interessanti, ma che difficilmente potranno assumere consistenza e, perdonate il calembour, volume.
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